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Aiuti di Stato ed edilizia residenziale sociale

13 Maggio 2016

di Michele Rossi

Inaugurazione Salus Space, una scommessa vinta

Il 29 gennaio è un'altra giornata importante per la città di Bologna: un luogo di cura delle persone (Villa Salus), divenuto nel corso del tempo un simbolo di abbandono e degrado, è stato “rigenerato” in un nuovo luogo di cura della socialità (Salus Space).

Si conclude un progetto di lavoro durato più di quattro anni e che ha visto impegnarsi tante persone.

Da oggi nasce un nuovo spazio di convivenza collaborativa, in cui l'inclusione sociale di migranti e rifugiati si coniuga con una visione di welfare interculturale e di cittadinanza attiva.

Questa inaugurazione è una scommessa vinta da tutti quelli che in questi anni hanno lavorato e creduto in Salus Space; da domani tocca a tutti noi farlo vivere nel tempo e farlo diventare una nuova centralità urbana.

Comune di Bologna, Commissione europea – Rappresentanza in Italia, Urban Innovative Actions Salus Space

#accoglienzaèBologna #SaluSpaceèBologna

 

https://www.youtube.com/watch?v=LQg_ptn7960
Qui trovate l'intervista e la descrizione completa del progetto

Per maggiori informazioni visita il sito http://www.saluspace.eu/

 

Gli articoli della stampa sull'inaugurazione di Salus Space:

 

 

Galleria fotografica sull’inaugurazione di Salus Space:

31 Gennaio 2021

di Marco Lombardo

Una scomoda verità | I rider sono cittadini non schiavi

“I rider sono cittadini non schiavi”.

Quanto affermato nei giorni scorsi dalla Procura di Milano è in linea con la battaglia culturale, giuridica e politica che a Bologna abbiamo portato avanti, purtroppo in grande solitudine, sin dalla firma della #CartadiBologna nel maggio del 2018.

Ancora oggi la Carta è un esempio, unico in Italia ed in Europa, di accordo metropolitano sulla gig-economy.

Molti commentatori continuano a dividersi sul tema del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, dimostrando di non cogliere come le nuove modalità del lavoro digitale si muovano a cavallo tra queste categorie.

L’impostazione vincente della Carta di Bologna è stata quella di prevedere che, al di là della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ci dovessero essere standard minimi di tutela da rispettare.
Tra questi, un salario minimo, equo e dignitoso.
 
Sarebbe più interessante aprire un dibattito pubblico in Italia su questo tema: come si stabilisce un salario minimo, in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione?
 
Applicando i contratti collettivi nazionali firmati dalle organizzazioni dei lavoratori e delle imprese.

Questo principio fa da pendant ad un’altra novità importante introdotta a Bologna (anche in questo caso un unicum in Italia): il protocollo appalti firmato nel 2019 che sostituisce al criterio del massimo ribasso quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In breve, l’idea fondante è che la competizione non si debba fare sul costo del lavoro, ma sulla qualità dei servizi.

Ora, il protocollo appalti non basta firmarlo, bisogna applicarlo. Per applicarlo bisogna che venga recepito dalla macchina amministrativa (cittadina e metropolitana) e dalle aziende con partecipazioni pubbliche.

Ma c’è un punto debole in questo sistema, dovuto ad una grave lacuna che il nuovo Governo Draghi deve inserire tra le priorità dell’agenda politica. Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali, scaduti da tempo, e l’introduzione di un salario minimo legale per i settori non coperti da CCNL.

Senza questa riforma, succede a Bologna quel che succede nel resto d’Italia: si ricorre al contratto multi-servizi come ipotesi residuale, eludendo così l’applicazione degli altri CCNL di categoria. Basta una promiscuità di mansioni (cosa che capita spesso) e si applica il multi-servizi al posto del contratto degli edili, della ristorazione, del commercio, e così via.

Il contratto multi-servizi è scaduto nel 2013, 8 anni fa. Il mancato rinnovo genera “dumping contrattuale” che aggira, senza violare, le regole sugli appalti. Così si continua a giocare al ribasso. E giocando al ribasso ci perdiamo tutti. Lavoratori, imprese, territori.

I tribunali sono pieni di queste cause.
 
Ho sempre pensato che la politica che delega le proprie scelte alla magistratura sia una sconfitta per tutti. Per fare scelte politiche ci vuole coraggio e visione.
 
Vale per i rider, vale per gli appalti, vale per tutto il resto. Il nostro sistema economico e sociale se vuole reggere la sfida della competizione globale, non può competere sul costo del lavoro, ma sulla qualità del lavoro e dei servizi, sulla ricerca e sull’innovazione.
 
Andare veloci è importante. Ma andare lontani lo è ancora di più.

Articolo de Il Resto del Carlino Bologna 28/02/2021:

 

 

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

Una scomoda verità | I rider sono cittadini non schiavi

“I rider sono cittadini non schiavi”.

Quanto affermato nei giorni scorsi dalla Procura di Milano è in linea con la battaglia culturale, giuridica e politica che a Bologna abbiamo portato avanti, purtroppo in grande solitudine, sin dalla firma della #CartadiBologna nel maggio del 2018.

Ancora oggi la Carta è un esempio, unico in Italia ed in Europa, di accordo metropolitano sulla gig-economy.

Molti commentatori continuano a dividersi sul tema del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, dimostrando di non cogliere come le nuove modalità del lavoro digitale si muovano a cavallo tra queste categorie.

L’impostazione vincente della Carta di Bologna è stata quella di prevedere che, al di là della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ci dovessero essere standard minimi di tutela da rispettare.
Tra questi, un salario minimo, equo e dignitoso.
 
Sarebbe più interessante aprire un dibattito pubblico in Italia su questo tema: come si stabilisce un salario minimo, in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione?
 
Applicando i contratti collettivi nazionali firmati dalle organizzazioni dei lavoratori e delle imprese.

Questo principio fa da pendant ad un’altra novità importante introdotta a Bologna (anche in questo caso un unicum in Italia): il protocollo appalti firmato nel 2019 che sostituisce al criterio del massimo ribasso quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In breve, l’idea fondante è che la competizione non si debba fare sul costo del lavoro, ma sulla qualità dei servizi.

Ora, il protocollo appalti non basta firmarlo, bisogna applicarlo. Per applicarlo bisogna che venga recepito dalla macchina amministrativa (cittadina e metropolitana) e dalle aziende con partecipazioni pubbliche.

Ma c’è un punto debole in questo sistema, dovuto ad una grave lacuna che il nuovo Governo Draghi deve inserire tra le priorità dell’agenda politica. Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali, scaduti da tempo, e l’introduzione di un salario minimo legale per i settori non coperti da CCNL.

Senza questa riforma, succede a Bologna quel che succede nel resto d’Italia: si ricorre al contratto multi-servizi come ipotesi residuale, eludendo così l’applicazione degli altri CCNL di categoria. Basta una promiscuità di mansioni (cosa che capita spesso) e si applica il multi-servizi al posto del contratto degli edili, della ristorazione, del commercio, e così via.

Il contratto multi-servizi è scaduto nel 2013, 8 anni fa. Il mancato rinnovo genera “dumping contrattuale” che aggira, senza violare, le regole sugli appalti. Così si continua a giocare al ribasso. E giocando al ribasso ci perdiamo tutti. Lavoratori, imprese, territori.

I tribunali sono pieni di queste cause.
 
Ho sempre pensato che la politica che delega le proprie scelte alla magistratura sia una sconfitta per tutti. Per fare scelte politiche ci vuole coraggio e visione.
 
Vale per i rider, vale per gli appalti, vale per tutto il resto. Il nostro sistema economico e sociale se vuole reggere la sfida della competizione globale, non può competere sul costo del lavoro, ma sulla qualità del lavoro e dei servizi, sulla ricerca e sull’innovazione.
 
Andare veloci è importante. Ma andare lontani lo è ancora di più.

Articolo de Il Resto del Carlino Bologna 28/02/2021:

 

 

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

Sara, Alfonso e il SenzaNome. Esempi Civili Bolognesi!

Loro si chiamano Sara Longhi, 38 anni e Alfonso Marrazzo, 36 anni. Sono stati nominati dal Presidente Mattarella, Cavalieri dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

A Bologna sono noti per essere i fondatori del bar "Senza Nome" che ha la funzione di far interagire i sordi con gli udenti, contribuendo a facilitare l’integrazione e il confronto e allo stesso tempo promuovere la lingua dei segni italiana.

Il “Bar senza nome” situato nel centro di Bologna, oggi è considerato un riferimento per molti sordi di tutta Italia. A servire la clientela sono dei ragazzi sordi.

In questo spazio “speciale” non sono i non udenti a doversi sforzare per farsi capire, ma sono gli udenti a dover provare a utilizzare nuove forme di comunicazione per entrare in contatto con baristi e camerieri.

Il riconoscimento è stato attribuito "per il loro esemplare contributo alla conoscenza delle diversità e alla promozione di una cultura di reale inclusione e dialogo".

Da oggi sono “esempi civili” insieme ad altre 34 persone a cui è stata conferita l’onorificenza dal Presidente della Repubblica per essersi distinti per atti di eroismo, per l'impegno nella solidarietà, nel volontariato, per l'attività in favore dell'inclusione sociale, nella cooperazione internazionale, nella promozione della cultura, della legalità e del diritto alla salute.

Questi sono gli “esempi civili” da seguire e di cui andare orgogliosi!

29 Dicembre 2020

di Marco Lombardo

In memoria di Renzo Imbeni

16 anni fa veniva a mancare Renzo Imbeni.

Renzo Imbeni rimane per me una straordinaria figura politica di riferimento: una persona autentica, capace di stare tra le gente, con lo sguardo sempre rivolto alle giovani generazioni ed all'orizzonte europeo.

 
In un tempo in cui ci si professa europeisti senza cogliere il senso profondo dell’essere europei, in cui ci si dichiara favorevoli ai processi di partecipazione senza avere la reale disponibilità ad ascoltare i cittadini, in cui a parole si è a favore dei giovani senza mai avere la generosità di formare giovani generazioni capaci di essere padroni dei loro destini, Renzo Imbeni rappresenta una bussola per orientarsi verso il bene comune.
 
Con la “Fondazione Imbeni” da anni portiamo avanti il ricordo di Renzo Imbeni, attraverso lo studio dei suoi discorsi per la loro straordinaria attualità, per la capacità di ispirare chi vuole impegnarsi autenticamente in politica e per l’idea di interpretare le istituzioni come patrimonio comune di diversi punti di vista.
 
Per questo Renzo Imbeni è stato un Sindaco che si è fatto voler bene da tutti i cittadini di Bologna ed apprezzare dai parlamentari europei di tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

22 Febbraio 2021

di Marco Lombardo

GloBologna Eritrea: gli Eritrei sotto le Due Torri

Il 4 marzo ho avuto il piacere di partecipare ad un uovo appuntamento di #Globologna la rassegna sul protagonismo delle comunità che vivono sotto le due torri, co progettatta con la associazione Geopolis, Il Comune di Bologna e il Centro Interculturale Zonarelli.

In questa serata siamo “volati" in #Eritrea alla scoperta dei legami tra Bologna e Asmara.  Alla serata ho avuto il piacere di dialogare e confrontarmi con le tante testimonianze della comunità del Paese del Corno d'Africa, che vive e colora Bologna con le vivaci e appassionate storie della diaspora.
Insieme a Stefano Manservisi, Ariam Tekle, Mauro Moruzzi e Afewerki Ghebremichael, moderati da Fabrizio Talotta, abbiamo ricostruito la parabola storica ed i rapporti fra Bologna e l'Eritrea e avanzato alcune proposte per migliorare e rendere sempre più coeso e costruttivo il rapporto tra la nostra città e le città eritree, per riuscire a intercettare e migliorare i bisogni della comunità sotto le due torri e rendere l'integrazione concreta e attuata.

Nei mie interventi ho ribadito un concetto a me caro e che ritengo centrale quando parliamo di integrazione. La formazione e la cultura.
In particolare ritengo che scuola la questione coloniale italiana non si studia.
A questo oblio della memoria ha seguito per molti anni un certo disinteresse per le vicende del Corno d’Africa. Eppure rimane nel tempo un “ponte umano” formato da storie personali, da famiglie miste, dalla lingua, dall’architettura, dall’urbanistica.
Occuparsi della comunità eritrea a Bologna e delle radici che legano Bologna con Asmara può essere un’occasione preziosa di diplomazia dal basso per costruire nuovi rapporti di cooperazione tra le città di Bologna e Asmara.
 Se siete interessati e ve la siete persa, qui trovate la registrazione completa della serata:

https://www.youtube.com/watch?v=JWg12_ExxXU

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

Una scomoda verità | I rider sono cittadini non schiavi

“I rider sono cittadini non schiavi”.

Quanto affermato nei giorni scorsi dalla Procura di Milano è in linea con la battaglia culturale, giuridica e politica che a Bologna abbiamo portato avanti, purtroppo in grande solitudine, sin dalla firma della #CartadiBologna nel maggio del 2018.

Ancora oggi la Carta è un esempio, unico in Italia ed in Europa, di accordo metropolitano sulla gig-economy.

Molti commentatori continuano a dividersi sul tema del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, dimostrando di non cogliere come le nuove modalità del lavoro digitale si muovano a cavallo tra queste categorie.

L’impostazione vincente della Carta di Bologna è stata quella di prevedere che, al di là della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ci dovessero essere standard minimi di tutela da rispettare.
Tra questi, un salario minimo, equo e dignitoso.
 
Sarebbe più interessante aprire un dibattito pubblico in Italia su questo tema: come si stabilisce un salario minimo, in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione?
 
Applicando i contratti collettivi nazionali firmati dalle organizzazioni dei lavoratori e delle imprese.

Questo principio fa da pendant ad un’altra novità importante introdotta a Bologna (anche in questo caso un unicum in Italia): il protocollo appalti firmato nel 2019 che sostituisce al criterio del massimo ribasso quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In breve, l’idea fondante è che la competizione non si debba fare sul costo del lavoro, ma sulla qualità dei servizi.

Ora, il protocollo appalti non basta firmarlo, bisogna applicarlo. Per applicarlo bisogna che venga recepito dalla macchina amministrativa (cittadina e metropolitana) e dalle aziende con partecipazioni pubbliche.

Ma c’è un punto debole in questo sistema, dovuto ad una grave lacuna che il nuovo Governo Draghi deve inserire tra le priorità dell’agenda politica. Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali, scaduti da tempo, e l’introduzione di un salario minimo legale per i settori non coperti da CCNL.

Senza questa riforma, succede a Bologna quel che succede nel resto d’Italia: si ricorre al contratto multi-servizi come ipotesi residuale, eludendo così l’applicazione degli altri CCNL di categoria. Basta una promiscuità di mansioni (cosa che capita spesso) e si applica il multi-servizi al posto del contratto degli edili, della ristorazione, del commercio, e così via.

Il contratto multi-servizi è scaduto nel 2013, 8 anni fa. Il mancato rinnovo genera “dumping contrattuale” che aggira, senza violare, le regole sugli appalti. Così si continua a giocare al ribasso. E giocando al ribasso ci perdiamo tutti. Lavoratori, imprese, territori.

I tribunali sono pieni di queste cause.
 
Ho sempre pensato che la politica che delega le proprie scelte alla magistratura sia una sconfitta per tutti. Per fare scelte politiche ci vuole coraggio e visione.
 
Vale per i rider, vale per gli appalti, vale per tutto il resto. Il nostro sistema economico e sociale se vuole reggere la sfida della competizione globale, non può competere sul costo del lavoro, ma sulla qualità del lavoro e dei servizi, sulla ricerca e sull’innovazione.
 
Andare veloci è importante. Ma andare lontani lo è ancora di più.

Articolo de Il Resto del Carlino Bologna 28/02/2021:

 

 

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

GloBologna Eritrea: gli Eritrei sotto le Due Torri

Il 4 marzo ho avuto il piacere di partecipare ad un uovo appuntamento di #Globologna la rassegna sul protagonismo delle comunità che vivono sotto le due torri, co progettatta con la associazione Geopolis, Il Comune di Bologna e il Centro Interculturale Zonarelli.

In questa serata siamo “volati" in #Eritrea alla scoperta dei legami tra Bologna e Asmara.  Alla serata ho avuto il piacere di dialogare e confrontarmi con le tante testimonianze della comunità del Paese del Corno d'Africa, che vive e colora Bologna con le vivaci e appassionate storie della diaspora.
Insieme a Stefano Manservisi, Ariam Tekle, Mauro Moruzzi e Afewerki Ghebremichael, moderati da Fabrizio Talotta, abbiamo ricostruito la parabola storica ed i rapporti fra Bologna e l'Eritrea e avanzato alcune proposte per migliorare e rendere sempre più coeso e costruttivo il rapporto tra la nostra città e le città eritree, per riuscire a intercettare e migliorare i bisogni della comunità sotto le due torri e rendere l'integrazione concreta e attuata.

Nei mie interventi ho ribadito un concetto a me caro e che ritengo centrale quando parliamo di integrazione. La formazione e la cultura.
In particolare ritengo che scuola la questione coloniale italiana non si studia.
A questo oblio della memoria ha seguito per molti anni un certo disinteresse per le vicende del Corno d’Africa. Eppure rimane nel tempo un “ponte umano” formato da storie personali, da famiglie miste, dalla lingua, dall’architettura, dall’urbanistica.
Occuparsi della comunità eritrea a Bologna e delle radici che legano Bologna con Asmara può essere un’occasione preziosa di diplomazia dal basso per costruire nuovi rapporti di cooperazione tra le città di Bologna e Asmara.
 Se siete interessati e ve la siete persa, qui trovate la registrazione completa della serata:

https://www.youtube.com/watch?v=JWg12_ExxXU

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

Etica e digitale: il ruolo delle città

Qualche giorno fa, su invito della “Bottega delle idee”, ho partecipato ad un dialogo con il prof. Luciano Floridi, docente dell’Università di Oxford e prossimamente docente della nostra Università “Alma Mater”, e l’Europarlamentare Irene Tinagli che si è occupata, sia dal punto di vista professionale che politico, dei temi dell’economia digitale e del lavoro. É stata l’occasione per me di raccontare la “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano” (meglio nota come la Carta dei rider), il tavolo SmartBo per un uso corretto (e non distorto) del lavoro agile, la piattaforma di retraining dei lavoratori recentemente avviata in collaborazione con Confindustria che riguarderà nell’area metropolitana di Bologna, 54.000 lavoratori in 3 anni (tra cui le persone fragili di Insieme per il lavoro) ed il progetto di classe digitale che stiamo portando avanti con l’istituto Aldini Valeriani, Eon Reality e la Fondazione Corazza. Sono tutti progetti-pilota, unici in Italia ed Europa, che fanno di Bologna un’avanguardia nella promozione della cultura del lavoro digitale. Qualcuno può pensare che siano questioni di nicchia. Non è così. Come ha ricordato efficacemente il Prof. Floridi durante il nostro incontro, il “digitale non è la ciliegina della torta. E’ la torta”. La pandemia ha accelerato un processo di transizione digitale che era già in atto da diversi anni: le misure di distanziamento fisico per allentare il rischio di contagio da COVID-19 hanno avuto una poderosa accelerazione a processi che erano già in corso. Indietro non si torna. Bisogna esserne consapevoli dei rischi e delle opportunità. Dal dibattito emerso vorrei riportare questo invito alla politica che mi sembra molto utile anche in vista delle prossime elezioni amministrative. La politica deve scegliere se essere guardiana di confini o essere esploratrice di nuovi spazi. Vale tanto al livello nazionale per l’azione del nuovo Governo Draghi, quanto al livello locale, per il futuro della nostra Città e della nostra area metropolitana. L’accesso alle competenze digitali è la sfida sul terreno dell’uguaglianza. Per garantire pari opportunità a tutti è necessario un forte investimento nella formazione digitale delle persone, con particolare riguardo alle persone più anziane. La governance dei dati è la sfida sul terreno della democrazia. Il potere dipenderà sempre meno dalla detenzione dei mezzi di produzione e sempre più dal controllo dei mezzi di computazione dei dati. Il mutualismo nelle piattaforme digitali è la sfida sul terreno dell’economia, se non vogliamo che gli algoritmi abbiano solo una funzione estrattiva di valore e dati, senza creare un vero legame con il territorio e la comunità civica. In breve: il digitale non cambia solo la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, ma impone un cambio del paradigma culturale nell’organizzazione del lavoro e dell’attività di impresa. Questo deve valere non solo per il privato, ma anche per la pubblica amministrazione. Ed anche per la politica. Bologna è la sede della più antica università del mondo. Con la nascita del Big Data Technopole, Bologna sarà tra le prime 5 città al mondo per attività di super-computing, snodo nevralgico della nuova Data Valley. (altro…)

14 Febbraio 2021

di Marco Lombardo

Una scomoda verità | I rider sono cittadini non schiavi

“I rider sono cittadini non schiavi”.

Quanto affermato nei giorni scorsi dalla Procura di Milano è in linea con la battaglia culturale, giuridica e politica che a Bologna abbiamo portato avanti, purtroppo in grande solitudine, sin dalla firma della #CartadiBologna nel maggio del 2018.

Ancora oggi la Carta è un esempio, unico in Italia ed in Europa, di accordo metropolitano sulla gig-economy.

Molti commentatori continuano a dividersi sul tema del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, dimostrando di non cogliere come le nuove modalità del lavoro digitale si muovano a cavallo tra queste categorie.

L’impostazione vincente della Carta di Bologna è stata quella di prevedere che, al di là della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ci dovessero essere standard minimi di tutela da rispettare.
Tra questi, un salario minimo, equo e dignitoso.
 
Sarebbe più interessante aprire un dibattito pubblico in Italia su questo tema: come si stabilisce un salario minimo, in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione?
 
Applicando i contratti collettivi nazionali firmati dalle organizzazioni dei lavoratori e delle imprese.

Questo principio fa da pendant ad un’altra novità importante introdotta a Bologna (anche in questo caso un unicum in Italia): il protocollo appalti firmato nel 2019 che sostituisce al criterio del massimo ribasso quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In breve, l’idea fondante è che la competizione non si debba fare sul costo del lavoro, ma sulla qualità dei servizi.

Ora, il protocollo appalti non basta firmarlo, bisogna applicarlo. Per applicarlo bisogna che venga recepito dalla macchina amministrativa (cittadina e metropolitana) e dalle aziende con partecipazioni pubbliche.

Ma c’è un punto debole in questo sistema, dovuto ad una grave lacuna che il nuovo Governo Draghi deve inserire tra le priorità dell’agenda politica. Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali, scaduti da tempo, e l’introduzione di un salario minimo legale per i settori non coperti da CCNL.

Senza questa riforma, succede a Bologna quel che succede nel resto d’Italia: si ricorre al contratto multi-servizi come ipotesi residuale, eludendo così l’applicazione degli altri CCNL di categoria. Basta una promiscuità di mansioni (cosa che capita spesso) e si applica il multi-servizi al posto del contratto degli edili, della ristorazione, del commercio, e così via.

Il contratto multi-servizi è scaduto nel 2013, 8 anni fa. Il mancato rinnovo genera “dumping contrattuale” che aggira, senza violare, le regole sugli appalti. Così si continua a giocare al ribasso. E giocando al ribasso ci perdiamo tutti. Lavoratori, imprese, territori.

I tribunali sono pieni di queste cause.
 
Ho sempre pensato che la politica che delega le proprie scelte alla magistratura sia una sconfitta per tutti. Per fare scelte politiche ci vuole coraggio e visione.
 
Vale per i rider, vale per gli appalti, vale per tutto il resto. Il nostro sistema economico e sociale se vuole reggere la sfida della competizione globale, non può competere sul costo del lavoro, ma sulla qualità del lavoro e dei servizi, sulla ricerca e sull’innovazione.
 
Andare veloci è importante. Ma andare lontani lo è ancora di più.

Articolo de Il Resto del Carlino Bologna 28/02/2021:

 

 

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

GloBologna Eritrea: gli Eritrei sotto le Due Torri

Il 4 marzo ho avuto il piacere di partecipare ad un uovo appuntamento di #Globologna la rassegna sul protagonismo delle comunità che vivono sotto le due torri, co progettatta con la associazione Geopolis, Il Comune di Bologna e il Centro Interculturale Zonarelli.

In questa serata siamo “volati" in #Eritrea alla scoperta dei legami tra Bologna e Asmara.  Alla serata ho avuto il piacere di dialogare e confrontarmi con le tante testimonianze della comunità del Paese del Corno d'Africa, che vive e colora Bologna con le vivaci e appassionate storie della diaspora.
Insieme a Stefano Manservisi, Ariam Tekle, Mauro Moruzzi e Afewerki Ghebremichael, moderati da Fabrizio Talotta, abbiamo ricostruito la parabola storica ed i rapporti fra Bologna e l'Eritrea e avanzato alcune proposte per migliorare e rendere sempre più coeso e costruttivo il rapporto tra la nostra città e le città eritree, per riuscire a intercettare e migliorare i bisogni della comunità sotto le due torri e rendere l'integrazione concreta e attuata.

Nei mie interventi ho ribadito un concetto a me caro e che ritengo centrale quando parliamo di integrazione. La formazione e la cultura.
In particolare ritengo che scuola la questione coloniale italiana non si studia.
A questo oblio della memoria ha seguito per molti anni un certo disinteresse per le vicende del Corno d’Africa. Eppure rimane nel tempo un “ponte umano” formato da storie personali, da famiglie miste, dalla lingua, dall’architettura, dall’urbanistica.
Occuparsi della comunità eritrea a Bologna e delle radici che legano Bologna con Asmara può essere un’occasione preziosa di diplomazia dal basso per costruire nuovi rapporti di cooperazione tra le città di Bologna e Asmara.
 Se siete interessati e ve la siete persa, qui trovate la registrazione completa della serata:

https://www.youtube.com/watch?v=JWg12_ExxXU

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

Una scomoda verità | I rider sono cittadini non schiavi

“I rider sono cittadini non schiavi”.

Quanto affermato nei giorni scorsi dalla Procura di Milano è in linea con la battaglia culturale, giuridica e politica che a Bologna abbiamo portato avanti, purtroppo in grande solitudine, sin dalla firma della #CartadiBologna nel maggio del 2018.

Ancora oggi la Carta è un esempio, unico in Italia ed in Europa, di accordo metropolitano sulla gig-economy.

Molti commentatori continuano a dividersi sul tema del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, dimostrando di non cogliere come le nuove modalità del lavoro digitale si muovano a cavallo tra queste categorie.

L’impostazione vincente della Carta di Bologna è stata quella di prevedere che, al di là della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ci dovessero essere standard minimi di tutela da rispettare.
Tra questi, un salario minimo, equo e dignitoso.
 
Sarebbe più interessante aprire un dibattito pubblico in Italia su questo tema: come si stabilisce un salario minimo, in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione?
 
Applicando i contratti collettivi nazionali firmati dalle organizzazioni dei lavoratori e delle imprese.

Questo principio fa da pendant ad un’altra novità importante introdotta a Bologna (anche in questo caso un unicum in Italia): il protocollo appalti firmato nel 2019 che sostituisce al criterio del massimo ribasso quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In breve, l’idea fondante è che la competizione non si debba fare sul costo del lavoro, ma sulla qualità dei servizi.

Ora, il protocollo appalti non basta firmarlo, bisogna applicarlo. Per applicarlo bisogna che venga recepito dalla macchina amministrativa (cittadina e metropolitana) e dalle aziende con partecipazioni pubbliche.

Ma c’è un punto debole in questo sistema, dovuto ad una grave lacuna che il nuovo Governo Draghi deve inserire tra le priorità dell’agenda politica. Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali, scaduti da tempo, e l’introduzione di un salario minimo legale per i settori non coperti da CCNL.

Senza questa riforma, succede a Bologna quel che succede nel resto d’Italia: si ricorre al contratto multi-servizi come ipotesi residuale, eludendo così l’applicazione degli altri CCNL di categoria. Basta una promiscuità di mansioni (cosa che capita spesso) e si applica il multi-servizi al posto del contratto degli edili, della ristorazione, del commercio, e così via.

Il contratto multi-servizi è scaduto nel 2013, 8 anni fa. Il mancato rinnovo genera “dumping contrattuale” che aggira, senza violare, le regole sugli appalti. Così si continua a giocare al ribasso. E giocando al ribasso ci perdiamo tutti. Lavoratori, imprese, territori.

I tribunali sono pieni di queste cause.
 
Ho sempre pensato che la politica che delega le proprie scelte alla magistratura sia una sconfitta per tutti. Per fare scelte politiche ci vuole coraggio e visione.
 
Vale per i rider, vale per gli appalti, vale per tutto il resto. Il nostro sistema economico e sociale se vuole reggere la sfida della competizione globale, non può competere sul costo del lavoro, ma sulla qualità del lavoro e dei servizi, sulla ricerca e sull’innovazione.
 
Andare veloci è importante. Ma andare lontani lo è ancora di più.

Articolo de Il Resto del Carlino Bologna 28/02/2021:

 

 

 

 

6 Marzo 2021

di Marco Lombardo

Politica, Cucine Popolari e Mani in Pasta

 
 
500 piatti di ravioli alla mortadella sono stati serviti il 19 febbraio, dalle Cucine Popolari - Bologna Social Food
Con sfogline professioniste e sfogline d'eccezione abbiamo steso, condito e chiuso la sfoglia per tutta la mattina di giovedì 18 febbraio .
 
 
Con Irene Enriques, Alessandro Bergonzoni e Mattia Santori e tanti amici, ci siamo cimentati con la nobile arte della pasta fresca per sostenere i progetti di Roberto Morgantini.
 
 
 
 
Tutti guidati dalla genuina e coinvolgente energia di Alessandra Spisni.
 
 
La politica con le “mani in pasta” che mi piace è quella che si impegna, al fianco delle associazioni, per un pranzo di solidarietà per 500 persone domani alle Cucine Popolari.
 

22 Febbraio 2021

di Marco Lombardo

Patrick Zaki cittadino onorario di Bologna

Dall'11 gennaio Patrick Zaki è un cittadino onorario di Bologna.

Per molti di noi, Zaki era già bolognese.

È bolognese chi nasce a Bologna. 

E' bolognese chi sceglie di vivere nella nostra città.

É bolognese chi studia nelle nostre scuole e chi fa ricerca nella nostra Università.

É bolognese chi, in nome di quella ricerca, persegue la libertà e la tutela dei diritti umani.

E’ bolognese chi, in nome di quella ricerca della libertà e della tutela dei diritti umani, viene perseguitato.

Patrick Zaki non è andato all’estero per insultare il suo Paese d’origine, l’Egitto. Patrick Zaki è venuto a Bologna per studiare, scoprire e comprendere il mondo che lo circonda, come tanti ragazzi e ragazze della sua età che convergono a Bologna da tutti gli angoli del mondo.

Da oggi Zaki è un cittadino onorario della nostra comunità.

Spero che tante altre città italiane vogliano seguire l’esempio di Bologna nel riconoscimento della cittadinanza onoraria per mantenere accesso il faro mediatico sulla vicenda di Patrick Zaki e continuare a lottare per la sua liberazione al fianco di tante associazioni come Amnesty International impegnate per la tutela dei diritti umani.

Spero che il Governo italiano faccia tutto quanto nelle proprie facoltà per impegnarsi nella liberazione immediata di Patrick Zaki.

Per lui e per quanti come lui vivono sulla loro pelle il dramma di un’ingiusta detenzione.

La libertà di Patrick Zaki è la nostra libertà.

 

 

12 Gennaio 2021

di Marco Lombardo
© Marco Lombardo 2016