Cittadinanza

UNA NUOVA CITTADINANZA METROPOLITANA

Non bisogna contrapporre il centro e le periferie, ma ricucire le aree urbanistiche metropolitane e rammendare le periferie per contrastare le fragilità, le frammentazioni e le marginalità sociali, per favorire un’agenda urbana metropolitana che diffonda la cultura dell’integrazione.” (Renzo Piano)

VISIONE: Le città vengono vissute come il palcoscenico della nostra vita in cui le cose accadono. Un palcoscenico. Non un attore principale dotato di vita propria. Eppure le realtà urbane devono essere concepite come un organismo vivente, con una loro identità ed una chiara soggettività, per diventare il motore dello sviluppo e della coesione di una comunità. Da molti anni le riflessioni si concentrano su alcuni specifici problemi, comuni a molte realtà urbane, (per es., il consumo di suolo, la crisi dell’edilizia, il patrimonio abitativo invenduto e/ o inutilizzato, la mobilità ingolfata, le diseguaglianze sociali, una percezione di insicurezza diffusa, l’erogazione ed il controllo sui servizi pubblici locali) ma dimenticano di analizzare le politiche urbane in quanto tali. Non verificano il rapporto tra nuove forme di urbanità e nuove domande di cittadinanza. Non prestano dovuta attenzione a domande come questa: come cambiano i cittadini al cambiare delle città? La programmazione urbanistica ha contrapposto il centro alla periferia, concentrando le politiche locali alla cura del solo centro, salvo il bisogno di “rammendare” le periferie quando l’urgenza della sicurezza torna a farsi sentire. Siamo ad un paradosso: laddove il trionfo dell’urbanizzazione (pensiamo alle new towns arabe, allo sviluppo del concetto di ‘regione metropolitana’ da Pechino a Los Angeles) si afferma nel resto del mondo, l’Italia che è da sempre famosa in tutto il mondo per la bellezza delle sue realtà urbane ha messo in crisi il concetto tradizionale della “polis“.

I policy-makers sono chiamati ad assumere decisioni sulle politiche urbane sulla base dei bisogni e dei desideri dei cittadini. Se è vero che l’80% degli italiani vive in Città, ed è vero che gran parte di questi vive in piccoli comuni, è profondamente sbagliato contrapporre le realtà urbane a quelle di provincia. Si tratta piuttosto di ridefinire il concetto di “urbano” in funzione multiforme, multilocale e multiscalare, misurando la qualità della vita sulla base dell’indice dell’Istat che misura il benessere urbano. Inoltre, è essenziale rendicontare l’impatto delle decisioni amministrative prese e inquadrare le politiche urbane nel contesto nazionale, europeo ed internazionale (v. conferenza Habitat III del 2016).

Non l’autonomia ma l’interdipendenza è la chiave per ricostruire i rapporti tra soggetti istituzionali e le politiche. Pensare alla Città metropolitana di Bologna significa ragionare sulla prospettiva di governance di 1 milioni di abitanti. Significa che le decisioni strategiche che riguardano tutti devono essere condivise con gli organi decisionali maggiormente vicini alla rappresentanza della comunità locale su cui la decisione produrrà effetti, senza rimanere ostaggio degli egoismi delle singole comunità, ma perseguendo l’interesse generale dei cittadini metropolitani bolognesi

PROPOSTE: Verso una nuova cittadinanza metropolitana.

a) Elezione diretta del Sindaco della Cittá metropolitana da realizzare entro il 2019. Le prossime elezioni amministrative del 2016 non riguarderanno solo il Comune di Bologna perché eleggendo il Sindaco di Bologna si eleggerà anche il Sindaco della Città metropolitana di Bologna. Questo significa che il risultato delle elezioni non interessa solo gli elettori bolognesi, ma anche il 70% dei cittadini dell’area metropolitana che non saranno chiamati ad esprimere le loro opinioni attraverso il voto. Per questo motivo è fondamentale che la discussione pubblica coinvolga anche i cittadini della provincia di Bologna.

L’istituzione di un nuovo Ente per legge, non produce di per sé, il decollo delle Città metropolitane.Abbiamo di fronte un nuovo scenario, in cui la scommessa di riformare e semplificare il sistema delle autonomie locali si può vincere solo se va di pari passo con un progetto chiaro e condiviso di gestione del territorio e di sviluppo economico, sociale e civile. Significa riportare al centro il tema della governance della Città metropolitana, parlando dei contenuti e non (solo) del contenitore: a partire dalle funzioni della Città metropolitana, dall’autonomia di spesa, dalla capacità impositiva, dall’elaborazione strategica delle politiche urbane. Finché il vessillo sventolerà in via Zamboni e non in Palazzo d’Accursio, la Città metropolitana continuerà a rimanere un “oggetto politico non ancora identificato”. Certo, le scelte politiche hanno anche un costo. Ma continuare a non scegliere e lasciare la nuova istituzione nel limbo di un’identità irrisolta rischia di avere un costo maggiore. L’elezione diretta del Sindaco metropolitano comporta lo scorporo dei quartieri del Comune capoluogo. Tuttavia, il beneficio che deriva dalla costruzione di un soggetto politico forte, in grado di rappresentare circa un milione di cittadini e di competere con i principali sistemi urbani nazionali europei, è maggiore del rischio di perdita di funzioni e identità dei Quartieri. Rischio che verrebbe, in parte, attenuato salvaguardando l’identità storica dei quartieri che diventerebbero “Comune di Bologna-Navile/Comune di Bologna-Savena e così via). La creazione di un ente politico autonomo ad elezione diretta (al posto di un ente di coordinamento e rappresentanza dei comuni con elezione di secondo grado) rientra nella facoltà e nell’autonomia statutaria prevista dalla Legge c.d. Del Rio ed il 2019 è il termine per portare a termine la sfida per la creazione della nuova Città metropolitana di Bologna.

– Creazione dell’Ufficio Metropolitano di Euro-progettazione. La capacità di utilizzare i fondi che provengono dall’UE, ovvero di spendere e rendicontare puntualmente i fondi già stanziati, dipende dalla qualità e dalle competenze degli esperti di euro-progettazione presenti nelle nostre amministrazioni pubbliche. Esistono le risorse umane e professionali adeguate: non esiste al momento un centro strategico capace di sfruttare a pieno le potenzialità di cui la Città dispone. In questo contesto, considerando anche la crisi delle finanze pubbliche locali e le opportunità di crescita offerte dai fondi europei destinati alle realtà urbane, è fondamentale creare un Ufficio metropolitano di europrogettazione che sia da ausilio e supporto al Comune di Bologna ed a tutti i Comuni dell’area metropolitana, all’interno di indirizzi di priorità di investimento decisi in maniera congiunta negli organismi a ciò preposti. (cfr. l’utilizzo dei fondi UE sui PON Metro 2014-2020 con le priorità di azione sull’agenda digitale, la mobilità sostenibile, la green economy, l’innovazione sociale, il contrasto alle nuove povertà ed al disagio abitativo).

– Istituzione del Centro Urban@BO. Nella nostra città esistono tante esperienze virtuose, ma manca ancora un vero Centro di studi e ricerca, capace di produrre studi ed analisi, in partnership pubblico-privato, per misurare e valutare l’interdipendenza delle politiche urbane nell’area metropolitana. Se vogliamo davvero evitare di contrapporre il centro e la periferia, in conformità al Manifesto urbanistico di Renzo Piano (gruppo G124) che raccomanda di ricucire le aree urbanistiche metropolitane e rammendare le periferie per contrastare le fragilità, le frammentazioni e le marginalità sociali, la politica urbana deve diventare un elemento fondamentale della cultura dell’integrazione della nostra Città metropolitana. Del resto, questo orientamento è coerente con le recenti disposizioni della ‘Legge di stabilità’ che prevede fondi specifici per le periferie urbane. Perché è evidente che gli investimenti sull’illuminazione pubblica o sull’arredo urbano, per esempio, producono effetti sulla sicurezza e sull’identità cittadina. Il paradigma dell’interdipendenza è utile per avere dati certi e proiezioni affidabili su cui elaborare consapevolmente politiche urbane e della mobilità in chiave post-ideologica. Un nuovo Centro consentirebbe di adeguare il rapporto costo-beneficio delle opere, e di attualizzare le decisioni da prendere in merito alla strategicità di un’opera pubblica in base ai dati disponibili, senza attribuire veri e propri poteri di veto agli amministratori dei singoli territori, ma riconoscendo alla maggioranza del Consiglio metropolitano il valore delle decisioni strategiche per l’area metropolitana, in quanto espressione dell’interesse generale dell’area stessa.

Si tratta di (ri-)pensare alla Città metropolitana come perno del governo del nostro territorio, favorendo il più possibile processi di aggregazione e semplificazione dei livelli istituzionali che portino alle Fusioni (come in Valsamoggia) e alle Unioni di Comuni, salvaguardando le specifiche vocazioni dei singoli territori, per rendere più rapide ed efficaci le decisioni da prendere nell’interesse dei cittadini metropolitani bolognesi.

Accessibilità

II. ACCESSIBILITA’

Rimuovere le barriere architettoniche e quelle interiori dei nostri pregiudizi” (Alessandro Bergonzoni)

VISIONE: Il termine “accessibilità” è molto ampio ed indica la possibilità di raggiungere un luogo o un traguardo, in condizioni di sicurezza e autonomia. Si può parlare di accessibilità in termini di professioni, di lavori, di servizi. Si può parlare di accessibilità in termini di spazi, pubblici o privati. In politica, si può parlare di accessibilità (in tal caso si usa l’espressione ‘agibilità politica’) sia per individuare la possibilità di raggiungere cariche pubbliche o istituzionali, oppure per individuare uno spazio politico dove poter esprime la propria opinione, anche se in dissenso rispetto a quella della maggioranza.
Nell’amministrazione di una Città l’accessibilità è intimamente legata al tema dei diritti: si tratta di progettare una Città metropolitana capace di garantire la piena partecipazione alla vita della comunità cittadina alle persone che si trovano in una situazione di svantaggio (es. i disabili) o con ridotte capacità motore o sensoriali (es. anziani).
L’accessibilità in questo caso riguarda le barriere architettoniche. Ma non solo. Il nostro punto di partenza sull’accessibilità ed i diritti prende le mosse dall’idea che esistano anche barriere interiori da superare perché talvolta le montagne più alte da scalare sono i nostri pregiudizi.

Il tema dell’accessibilità deve diventare una ‘sfida sociale’ per tutti i bolognesi.
Esistono manifestazioni portate avanti da associazioni (cfr. la Skarrozzata) che si pongono il tema dell’accessibilità dal punto di vista culturale, attraverso eventi di sensibilizzazioni dell’opinione pubblica che sono diventati nel tempo ‘una forma moderna di letteratura urbana per rimuovere gli ostacoli e le barriere interiori’.
Sono stati fatti negli ultimi anni passi importanti nella nostra città, ma ancora molte cose rimangono da fare per trasformare la Città metropolitana di Bologna in una ‘Città accessibile a misura di disabile’ in conformità con gli standard più elevati previsti dall’Unione europea. Costruire una Città accessibile significa ripensare lo spazio urbano metropolitano secondo i principi della progettazione universale dall’architettura all’urbanistica. Significa sfruttare le potenzialità della tecnologia assistiva e dell’ICT per la progettazione dei servizi (es. Design for All) o la fruizione di offerta turistica, culturale e museale (cfr. Tooteko a Milano).

Significa valorizzare il potenziale economico e sociale per ripensare il tema dell’occupazione e dell’inserimento dei disabili nel mercato del lavoro (cfr. OPIMM).

Significa creare un welfare generativo di accompagnamento in percorsi di autonomia (cfr. il tema del ‘Dopo di noi’).

Significa liberare il desiderio affettivo (cfr. il riconoscimento dei ‘Lovegiver’).

In breve, significa tornare ad investire nel capitale umano.
Chi vive la disabilità o la ridotta capacità dovuta all’anzianità nella sua vita quotidiana non ha bisogno della compassione della gente “normale” e non chiede necessariamente servizi ad un welfare assistenziale. Vuole essere messo nelle condizioni di poter partecipare in maniera attiva ed effettiva alla vita democratica della comunità. Vuole poter esprimere pienamente il proprio talento e la propria potenzialità nella sua dimensione privata e nelle formazioni sociali in cui si manifesta la propria personalità.
Ridisegniamo il futuro della Città metropolitana di Bologna a partire dall’accessibilità e dai diritti dei disabili e degli anziani!

PROPOSTEBologna Città Aperta.

Pass di Accessibilità.

La Città di Bologna è un patrimonio di bellezza italiano conosciuto in tutto il mondo. I portici e la pianta urbana medioevale esercitano da sempre un fascino unico. Nell’ultimo mandato, la Giunta Merola ha realizzato molti interventi di completamento delle opere urbanistiche, restituendo il centro storico ai cittadini bolognesi, grazie al programma ‘Di nuovo in centro’ che ha visto il completamento dei cantieri BoBo (‘il cantierone’) e l’intervento di restyling di Piazza Re Enzo. Oggi il centro storico è molto più bello e curato di prima. Ma molto rimane ancora da fare nei prossimi anni per rendere il centro accessibile a tutti, soprattutto agli anziani, alle famiglie ed ai disabili.   Non si tratta di adottare misure mirate per categorie di persone, ma progettare un pacchetto di misure di accessibilità pensate per i cittadini e le loro esigenze.

L’idea è quella di seguire le best practises europee e candidare la Città metropolitana all’Access City Awardil Premio europeo per le città accessibili, l’iniziativa promossa dalla Commissione europea, insieme al Forum europeo della disabilità, che conferisce ogni anno un riconoscimento alle città che si sono impegnate a realizzare interventi esemplari per migliorare l’accessibilità dell’ambiente urbano, in particolare per le persone disabili e gli anziani.

La sfida è quella di ripensare l’accesso ai trasporti, agli spazi e ai servizi pubblici e alle tecnologie ICT secondo i principi della progettazione universale. Una migliore accessibilità genera benefici duraturi alla nostra città non solo in termini sociali, di miglioramento della vita quotidiana delle persone, ma anche economici.

Si tratta di realizzare e pianificare una serie di misure e interventi per migliorare l’accessibilità dell’ambiente urbano in quattro ambiti:

– Cultura e arte: utilizzare gli stumenti di ICT e la prototipazione digitale delle Stampanti-3D per riprodurre i principali siti turistici e per prevedere nelle mostre principali l’esplorazione tattile per i non vedenti.

– Turismo: creare uno sportello all’interno dell’agenzia turistica di “Bologna Welcome” con percorsi di offerta turistica specificatamente dedicati ai disabili.

-Trasporti e luoghi di cura: i servizi pubblici, ed in particolare i luoghi di cura, devono essere accessibili anche per anziani e disabili, prevedendo che tutte le linee di autobus che portano verso gli ospedali abbiano le pedane e che i parcheggi prevedano posti riservati per i disabili che usufruiscono della struttura e per gli operatori che vi lavorano, come previsto recentemente per l’Ospedale Maggiore (e come andrebbe esteso anche al Sant’Orsola ed ai nuovi parcheggi dell’Autostazione).

– Formazione e lavoro: esistono da anni numerosi istituti che sono all’avanguardia nella formazione professionali delle persone disabili, come l’Istituto Cavazzoni e la Fondazione Asphi, che hanno portato avanti progetti pioneristici a livello nazionale ed internazionale per la formazione ed il lavoro; senza contare che esistono realtà come l’OPIMM che consentono il lavoro con centiania di persone. Il compito dell’amministrazione è quello di promuovere le sinergie tra il pubblico ed il privato, creando le occasioni per aumentare il tasso di occupazione delle persone disabili.

Giornata metropolitana dell’accessibilità.

Il piano metropolitano dell’accessibilità deve nascere dal coinvolgimento attivo delle persone disabili e delle loro associazioni nella progettazione e nella rendicontazione delle azioni amministrative locali per migliorare l’accessibilità.

Si tratta di istituire ogni anno una giornata in cui promuovere eventi in tutti i quartieri della città per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’accessibilità con iniziative culturali , seminari di approfondimento, proposte concrete in tema di accessibilità, coinvolgendo la più ampia partecipazione dei cittadini.

La giornata metropolitana dell’accessibilità serve a sottolineare l’ approccio integrato dell’accessibilità in tutte le aree di interesse dell’amministrazione locale, condividendo con la cittadinanza una visione ambiziosa per il futuro nell’affrontare l’accessibilità della città. Una particolare attenzione verrà prestata all’impatto delle misure già adottate sulla vita quotidiana delle persone con disabilità e sulla città in generale, tenendo conto della qualità e della sostenibilità dei risultati ottenuti.

Percorsi di autonomia

  • Dopo di Noi’ di prossimità: la famiglia è la prima rete su cui ricade la responsabilità e spesso la fatica del supporto alle persone con disabilità. La proposta di legge nazionale sul ‘Dopo di Noi’ recepisce le istanze delle associazioni dei disabili e mira a colmare un insostenibile vuoto normativo per garantire un futuro alle persone con disabilità grave, anche dopo la morte dei genitori. Le disposizioni sull’assistenza alle persone disabili mirano a dare concreta attuazione alle norme della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e sono accompagnate dalla previsione di un Fondo che può essere utilizzato per favorire l’integrazione in contesti extra-familiari. Il Comune di Bologna può farsi promotore e facilitatore di un percorso che veda le famiglie soggetto attivo, insieme alla Regione, alle associazioni del terzo settore ed agli istituti privati che si occupano dell’assistenza delle persone disabili per l’individuazione dei percorsi di sostegno più efficaci (cfr. badante condivisa, sostegno di vicinato) partendo dal riconoscimento dell’assistenza domiciliare nelle case dove vive la persona disabile, per allargare la cerchia di chi si occupa della ‘presa in carico’ della persona disabile, affinché le famiglie non vengano lasciate da sole.   
  • Riconoscimento dei Love-giver : In assenza di una disciplina normativa ed in attesa che il Parlamento italiano approvi una legge che riconosca e regoli la figura dei love-giver, già previsti in altri Paesi dell’Unione europea, il Comune di Bologna in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna può prevedere la sperimentazione di percorsi formativi finalizzati all’accreditamento di personale qualificato che si occupi della cura e dell’assistenza delle persone disabili per affrontare il tema dell’affettività, della sessualità e della gestione emotiva, affinchè non esistano tabù che generano forme di discriminazioni ed emarginazione sociale.
  • Non è mai troppo tardi 2.0.: promuovere un programma di alfabetizzazione digitale, in collaborazione con il Centro Alberto Manzi, con corsi in tutte le biblioteche comunali dei quartieri di Bologna per rimuovere la barriera del digital divide e consentire l’accessibilità ad Internet, ai social network ed alle nuove tecnologie, con progetti didattici ed educativi dedicati in particolare agli anziani, valorizzando e sostenendo le esperienze di già in corso nei Quartieri e centri anziani.

Cittadinanza

EUROPA

 

Uniti nella diversità’ (motto dell’Unione europea)

Bologna è una citta che ha la vocazione europea ed internazionale scritta nel proprio DNA.

A Bologna è nata la prima Università del mondo occidentale nel 1088.

A Bologna è stato portato avanti il primo atto di libertà ed affrancamento della schiavitù con il Liber Paradisus.

A Bologna è stato inventato l’Erasmus, prima ancora che venisse istituito il programma di europeo di mobilità degli studenti, come dimostrano gli stemmi visibili nella sede dell’Archiginnasio che ci raccontano la storia dei giovani che venivano a studiare all’Alma Mater e provenivano da tutte le parti d’Europa.

A Bologna è nato l’euro nel 1968, come sperimento della moneta unica portato avanti dai pionieri del federalismo europeo.

Solo per citare alcuni esempi. La storia di Bologna è disseminata di episodi che raccontano la vocazione europea della città. Il profilo europeo ed internazionale, come vocazione identitaria di integrazione ed accoglienza della città, è stato portato avanti dagli ambasciatori della bolognesità nel mondo, dal campo della cultura, a quello delle arti, della scienza e della politica (basti pensare che il nome della sala del Comitato di conciliazione è conosciuta, in tutta Europa, con il nome di Renzo Imbeni).

Negli ultimi decenni purtroppo la città di Bologna ha ristretto il campo dei suoi orizzonti. La Giunta Merola ha cercato di invertire la rotta per restituire un respiro internazionale alla Città: non è un caso se nel 2015 si sono registrati oltre 2 milioni di turisti, di cui il 75% turisti stranieri. Ma una città come Bologna che ha una forte tradizione di innovazione non può accontentarsi di essere la City of Foods, pur riconoscendo che la qualità della vita e della buona cucina costituiscono uno degli elementi identitari di Bologna e pur valorizzando la capacità di traino e di attrattività che può esercitare la filiera agroalimentare. Così come non possiamo accontentarci di essere all’avanguardia tra le città italiane ma dobbiamo avere l’ambizione di tornare ad essere forza motrice delle le migliori capitali europee.
La città di Bologna ha dato molto ed ha ancora molto da dare a questa Europa che non è più l’Europa del sogno dei padri fondatori e che rischia di sgretolarsi sulle divisioni e sugli egoismi degli interessi nazionali degli Stati membri. Per ricostruire il processo di integrazione europea, parlando meno dell’Europa degli Stati e di più dell’Europa dei popoli e dei cittadini, ci vuole un rinnovato protagonismo delle città e delle realtà urbane europee.

Chi vuole soffiare sul vento della paura e del rancore, chi vuole seminare odio e divisioni tra chi è nato a Bologna e chi ha scelto di vivere a Bologna facendone la sua città di adozione non l’avrà vinta, perché la città di Bologna saprà dimostrare ancora una volta la sua vocazione aperta ed accogliente, la sua identità forte e dinamica.

Uniti nella diversità. Come il motto dell’Unione europea. Questa è la BOLOGNA che ci piace!

PROPOSTE. BOLOGNA capitale europea.
HUB EUROPEO DELL’INNOVAZIONE SOCIALE.

In questi anni il Comune di Bologna ha avviato un importante percorso di formazione sulle scuole tecniche secondarie: basti pensare a quanto è stato realizzato dalll’amministrazione Merola con le Aldini Valeriani e con l’Itis Belluzzi sul tema delle start-up e dell’imprenditorialità. Ora si tratta di proseguire nel percorso con un altro tassello fondamentale del puzzle della formazione e dell’innovazione, avviando un dialogo strutturato con l’università, i centri di ricerca, le imprese e le fondazioni.

Si tratta di governare in modo strategico gli investimenti nella formazione per generare spin-off che, partendo dalla ricerca diventino strumenti di creazione di valore e lavoro per attrarre talenti altamente qualificati da tutta l’Europa e favorire l’internazionalizzazione delle attività d’impresa presenti nel nostro territorio. Vi sono settori strategici individuati dal programma di Horizon 2020, come la green economy, la manifattura 4.0, il biomedicale, i Big Data, la filiera agroalimentare in cui esiste un potenziale di crescita enorme per lo sviluppo economico e sociale della Città metropolitana di Bologna.

L’innovazione non riguarda solo il privato, ma è un processo di trasformazione che deve riguardare anche il pubblico, il suo modo di pensare ed il suo modo di agire.

BOLOGNA CITTA’ EUROPEA DEI COLLEGI

Bologna ha una vasta rete di collegi: il Collegio Reale di Spagna che rappresenta un’istituzioni storica ed antica, il Collegio Superiore dell’ISS che offre percorsi formativi rivolti all’eccellenza, la Fondazione Ceur che gestisce reti di collegi di merito per formare e mettere in relazione la vita degli studenti, le residenze universitarie di orientamento religioso e gli studentati previsti dall’azienda regionale per il diritto allo studio che ospitano studenti meritevoli ancorché privi di mezzi. Quello che manca è una rete di collegi, come avviene in molte altre città universitarie d’Europa e del mondo che hanno fatto dei camplus universitari una leva di attrazione di talenti ed eccellenze. Non si tratta solo di mettere in rete le residenze universitarie già esistenti, ma di valorizzare i percorsi formativi interdisciplinari e multisettoriali posti in essere fuori dalle aule universitarie e che si rivolgono alla formazione dello studente come persona, per migliorare l’interdisciplinarietà dei saperi e potenziare le soft skills che saranno sempre più importanti nella formazione professionale dei giovani. La secolare tradizione accademica merita che la Bologna del futuro sia una città a misura di studente, dentro e fuori le mura.

UFFICIO METROPOLITANO DI EUROPROGETTAZIONE

La capacità di utilizzare i fondi europei, ovvero di programmare, spendere e rendicontare puntualmente i fondi già stanziati, dipende (anche) dalla valorizzazione delle competenze degli esperti di euro-progettazione presenti nelle nostre amministrazioni pubbliche. Esistono le risorse umane e professionali adeguate: non esiste al momento un centro strategico capace di sfruttare a pieno le potenzialità di cui la Città dispone. In questo contesto, considerando anche la crisi delle finanze pubbliche locali e le opportunità di crescita dei fondi europei destinati alle realtà urbane, è fondamentale creare un Ufficio metropolitano di europrogettazione che sia di ausilio e supporto al Comune di Bologna ed a tutti i Comuni dell’area metropolitana, all’interno di indirizzi di priorità di investimento decisi in maniera congiunta negli organismi a ciò preposti. (cfr. l’utilizzo dei fondi UE sui PON Metro 2014-2020 con le priorità di azione sull’agenda digitale, la mobilità sostenibile, la green economy, l’innovazione sociale, il contrasto alle nuove povertà ed al disagio abitativo).

Rigenerazione

RIGENERAZIONE

“Non esiste rigenerazione dello spazio urbano senza la rigenerazione civica di chi lo vive”

VISIONE: La politica confonde spesso l’astensionismo al voto con la mancanza di desiderio di partecipazione politica. Non è così. Non è in crisi la partecipazione. E’ in crisi la partecipazione nei partiti politici tradizionali e nei movimenti perché non c’è fiducia nelle forme della rappresentanza politica. Da tempo è in atto un processo di de-istituzionalizzazione della politica e della rappresentanza che colpisce soprattutto i corpi intermedi, che non vengono più vissuti dal cittadino come spazi esclusivi di partecipazione.

Ne è riprova il fatto che, a fronte di un calo delle iscrizioni nei corpi intermedi di rappresentanza, si registra un forte aumento delle forme di impegno civico di tipo partecipativo (civic engagement) e di cittadinanza attiva. Secondo gli ultimi dati Istat, sono più di 109 mila le persone impegnate nel volontariato nella Città metropolitana di Bologna. Più di un bolognese su 10 è attivo nel no profit, un settore che è cresciuto moltissimo negli ultimi 10 anni. Non è un caso che proprio a Bologna, siano nate dal basso nuove realtà, come le social-street, che riescono ad aggregare persone, attraverso il web, per creare nuovi modelli di relazione partendo dai bisogni della comunità territoriale.

E non è un caso che il Comune di Bologna sia stato il primo Comune in Italia a dare concreta attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale, previsto dall’articolo 118 della Costituzione, per approvare il Regolamento sulla Collaborazione tra cittadini e amministrazione. Sono stati siglati più di 160 “Patti di collaborazione civica” che hanno coinvolto oltre 70.000 cittadini per diffondere l’idea di una cultura collaborativa che guardi alla Città come un bene comune.

Pensare che il cittadino abbia scelto di isolarsi e chiudersi in casa è sbagliato.

Pensare che gli elettori siano stanchi di andare a votare è fuorviante: sono stanchi di votare solo sui nomi o in base a gruppi di appartenenza. Per uscire dalla auto-referenzialità della politica bisogna avere il coraggio di raccogliere la sfida della nuova partecipazione, consapevoli del fatto che le persone non si sono ritirate dall’impegno civico, ma hanno cambiato il loro modo di partecipare, di essere attivi e di stare con gli altri.

La nuova voglia di partecipazione non manifesta solo la voglia di esserci e contare. Esprime un forte bisogno emozionale, di sentirsi parte, di vivere delle sensazioni condivise, di partecipare nel senso emotivo del termine. Per questo è necessario generare un nuovo ‘senso di appartenenza’ non esclusivo, ma inclusivo, che faccia dell’empatia il senso emotivo più profondo del nuovo paradigma partecipativo.

Il coinvolgimento (empowerment) dei cittadini bolognesi è il primo motore di cambiamento della nostra città.

Proposte: Bologna Città della Rigenerazione civica

– COLLABORARE E’ BOLOGNA COME METODO: Il percorso di “Collaborare è Bologna” ha riacceso il motore della partecipazione e della collaborazione civica, coinvolgendo oltre 70.000 cittadini.

Ora si tratta di strutturare il processo collaborativo, in modo da avviare la programmazione condivisa con i quartieri perché ogni anno ci siano tempi e modi in cui l’amministrazione dialoga con i cittadini attraverso i Quartieri per a) monitorare e rendicontare lo stato di avanzamento dei progetti presentati e b) presentare nuovi progetti che possono essere finanziati nel quadro dei fondi PON Metro sull’Agenda digitale. L’ufficio di immaginazione civica, proposto dal Sindaco Merola, deve diventare un centro di creative problem solving per coinvolgere in modo continuativo la cittadinanza in un percorso di intelligenza collettivo rivolto al futuro della Città metropolitana.

– BIBLIOTECHE COME CENTRI DI FORMAZIONE DELLA CITTADINANZA ATTIVA: Il polo bibliotecario metropolitano è un potenziale enorme per la formazione della cittadinanza attiva, come luoghi del sapere diffuso. Oltre alle attività del prestito e della fruizione dei libri, da anni nelle biblioteche si realizzano corsi di formazione ed iniziative culturali rivolti alla cittadinanza. Manca ancora una linea di indirizzo strategico che guardi alle biblioteche come uno spazio generativo di welfare e come luoghi di formazione di un sapere diffuso e gratuito rivolti alla cittadinanza attiva. Le “notti bianche delle Biblioteche” sono appuntamenti mensili dove i cittadini si incontrano e si confrontano per conoscere le attività dei sistemi bibliotecari e partecipare ad attività formative garantite dalla presenza di formatori gratuiti, iscritti ad un albo appositamente istituito presso il Comune di Bologna, in base alle loro richieste ed alle loro esigenze raccolte attraverso i Quartieri. In questo modo, oltre all’offerta culturale si diffonde l’offerta formativa sulla cittadinanza attiva per favorire l’inclusione e l’integrazione dei cittadini attraverso corsi di alfabetizzazione digitale per il contrasto al digital divide, corsi di educazione finanziaria per la tutela dei risparmiatori, corsi di educazione alla cittadinanza europea, corsi di italiano per stranieri, corsi di educazione al senso civico, corsi di educazione alla legalità.

– BILANCIO PARTECIPATO: Dopo Parigi, Lisbona e Milano, anche a Bologna i cittadini potranno decidere come e dove destinare parte delle risorse del proprio quartiere, attraverso un percorso di bilancio partecipato.

Con la Riforma dei Quartieri approvata dal Consiglio comunale, i nuovi Quartieri saranno protagonisti del bilancio partecipativo: uno strumento di democrazia diretta per far progettare e far scegliere ai cittadini quali opere pubbliche realizzare. Da settembre 2016, tutti coloro che vivono, studiano e lavorano a Bologna, potranno conoscere il bilancio e partecipare attivamente alla scelta dei progetti su cui investire: dove creare un’area verde, come affrontare il problema delle buche nelle strade, come immaginare una nuova illuminazione pubblica. Si tratta ora di informare e formare i cittadini rispetto alle opportunità che lo strumento del bilancio partecipato offre per disegnare insieme il futuro della Città metropolitana.

Sostenibilità

SOSTENIBILITA’ ED ENERGIA
“Entriamo nel XXImo secolo: usciamo dalla logica che contrappone lo sviluppo economico con la tutela ambientale ed entriamo nella prospettiva dell’economia circolare”

VISIONE: Il principio dello sviluppo sostenibile impone che le attività economiche debbano essere svolte nel rispetto delle risorse naturali per garantire il diritto delle generazioni future a fare altrettanto.

La città di Bologna in questi anni ha investito molto per migliorare la relazione tra l’ambiente e la comunità cittadina, come le misure avviate per la raccolta differenziata dei rifiuti e la creazione delle isole ecologiche per liberare completamente il centro dai cassonetti entro il 2016, la creazione di un nuovo sistema di illuminazione pubblica a Led da realizzare in tutta la città entro l’inizio del 2017, le azioni di risparmio idrico nelle aree verdi, l’impiantamento di 1300 nuovi alberi.

Tuttavia molto rimane ancora da fare per portare la Città di Bologna all’avanguardia delle green tech city del resto di Europa. Il prossimo traguardo da raggiungere è di tipo culturale: il dibattito pubblico cittadino evidenzia ancora un’impostazione ideologica che contrappone la tutela ambientale allo sviluppo economico. E’ una visione vecchia e ormai superata perché non coerente con il principio dello sviluppo sostenibile che sta alla base dei concetti di “economia circolare” e “green economy”. Non si tratta di vietare di costruire: si tratta di cambiare il modo di costruire orientandolo alla rigenerazione urbana ed all’innovazione tecnologica come sta avvenendo nel resto del mondo.

Proposte: 

BOLOGNA: UNA COMUNITA’ SOLARE

La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili può essere realizzata solo se, al fianco della tutela ambientale, si adottano misure di politica industriale volte a favorire il risparmio energetico e lo sviluppo di tecnologie verdi.

Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, previsti dal PAES di Bologna in conformità con quanto previsto dal Piano 20-20-2020 dell’Unione europea è necessario coinvolgere le amministrazioni pubbliche, le imprese, i commercianti, gli amministratori di condomini, le famiglie ed i cittadini in un grande processo di transizione energetica.

Adottare misure emergenziali come lo stop alla circolazione delle auto inquinanti per abbassare i livelli delle PM10 presenti nelle aree urbane sono solo dei palliativi fondati sulla cultura dell’emergenza.

La transizione energetica ha bisogno di misure di adattamento e mitigazione che vanno integrate in tutte le politiche pubbliche. Si tratta di prevedere misure straordinarie per favorire l’efficienza ed il risparmio energetico: basti pensare che oltre il 60% dell’inquinamento prodotto nella nostra città dipende dalla vetustà dei sistemi di riscaldamento utilizzati nelle residenze pubbliche e private.

Il progetto delle Comunità solari locali, nato da uno spin-off dell’Università di Bologna, fino ad oggi ha coinvolto 7 comuni dell’area metropolitana bolognese (Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Sasso Marconi, San Lazzaro di Savena, Ozzano dell’Emilia, Medicina) e recentemente anche il quartiere San Vitale.

Per ottenere risultati apprezzabili in termini di riduzione di Co2 è necessario che diventi realmente un progetto strategico dell’intera area-metropolitana coinvolgendo tutti i nuovi Quartieri, le amministrazioni pubbliche del territorio metropolitano, i cittadini e le imprese nella costruzione di una Città solare in grado di rispettare l’ambiente e l’uomo e garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni di bolognesi.

La creazione di una Comunità solare metropolitana può essere un driver importante per ridare ossigeno al settore edile, sia per quanto riguarda la rigenerazione del patrimonio immobiliare adottando il sistema plus-in-house (come già realizzato da anni a Friburgo nel quartiere Vauban) sia per quanto riguarda la costruzione di nuovi moduli abitativi che consentano la generazione distribuita dell’energia.

BOLOGNA LA CITTA’ DEI GIARDINI

Ci sono città europee come Barcellona e come Friburgo che hanno fatto della cura degli spazi verdi urbani un volano di attrazione del turismo green. Bologna ha enormi potenziali di sviluppo in questo settore. Oltre a quelli più noti, i giardini Margherita, il Parco dei Prati di Caprara, il Parco dei Giardini di Corticella, la Lunetta Gamberini in Mazzini, ogni Quartiere ha il suo Parco, che , insieme al nuovo Campus universitario nella zona dell’ex area Staveco, il bosco al Parco Nord, il Corridoio verde tra Bologna e Casalecchio (Parco Talon, Certosa passando per il nuovo Stadio) possono diventare una rete della Città dei Giardini per favorire la ciclo-pedonalità in queste aree ed aumentare il benessere della vita dei cittadini bolognesi.

BOLOGNA CITTA’ DEGLI ORTI URBANI

A Bologna c’è un rinascimento della cultura degli orti urbani e periurbani: sono 2710 gli orti gestiti dai cittadini bolognesi. Nel prossimo mandato l’obiettivo è quello di integrare la campagna nella città metropolitana, curando gli orti urbani già esistenti e sviluppandone di nuovi, a Borgo come a Lavino di mezzo, aprendo gli spazi a nuove assegnazioni. La cura degli orti urbani è utile perché diffonde una corretta cultura alimentare, sostiene il potere di acquisto delle famiglie, promuove una nuova forma di socialità legata al prendersi cura degli spazi urbani e favorisce il dialogo intergenerazionale.

Legalità

LEGALITA’ E SICUREZZA


“Legalità non sono solo i magistrati e le forze di polizia, a cui dobbiamo riconoscenza e rispetto. Legalità dobbiamo essere tutti noi. Legalità è responsabilità, anzi corresponsabilità” (Don Ciotti)

Legalità e sicurezza urbana sono temi di valenza trasversale che non possono essere relegati ad una questione di ordine pubblico, che rimangono prerogativa delle forze dell’ordine e della magistratura. La sicurezza non è una delega. L’amministrazione di un territorio deve mettere in campo attività capaci di migliorare le condizioni di vivibilità, la qualità della vita urbana e la convivenza civile, operando affinché la comunità si senta rassicurata. La legalità è corresponsabilità ed è fatta non solo di diritti ma anche di doveri. La promozione della cultura della legalità, del senso di comunità e della responsabilità sociale sono prerogative dell’azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali, che è uno dei compiti fondamentali dell’amministrazione comunale.

In questi anni, pur in assenza di fondi, sono state fatte alcune cose importanti. Il Comune e la Prefettura hanno siglato il “Patto per Bologna sicura” per regolare la reciproca collaborazione ed attivare forme di sinergia per contrastare situazioni di illegalità, attraverso riunioni a cui sono chiamati a partecipare anche rappresentanti della Questura, del Comando Provinciale Carabinieri e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza ed i Presidenti di Quartiere. Per contrastare l’aumento di scippi, furti e rapine, soprattutto nei confronti degli anziani, è stata prevista la copertura assicurativa gratuita a tutti gli ultra 65enni residenti a Bologna. E’ stato siglato il Protocollo di intesa tra Comune di Bologna, organizzazioni sindacali, Alleanza delle Cooperative Italiane, Confcommercio, Unindustria, CNA, Confartigianato, ANCE Bologna in materia di appalti di lavori, forniture e servizi con cui si intende affermare con forza i principi fondamentali che contraddistinguono un’economia sana per contrastare il fenomeno mafioso dietro la logica del massimo ribasso. Tuttavia è indubbio che il tema della sicurezza e della legalità rappresentano uno dei punti più critici nel giudizio dei cittadini bolognesi e sui quali la prossima amministrazione è chiamata a fare di più. Non basta dire che il fenomeno d’insicurezza è più percepito che reale. Non si può essere indulgenti con chi viola le regole. Non possono esistere sacche di impunità della città. Pur avendo a disposizione risorse e competenze limitate, il Comune di Bologna ha bisogno di una cooperazione rafforzata con le forze dell’ordine e le istituzioni competenti per adottare misure strutturali e non emergenziali idonee a garantire la libertà e la sicurezza dei propri cittadini.

I dati degli uffici statistici del Comune di Bologna dimostrano che non esiste una “emergenza sicurezza” nella nostra Città. Il totale dei crimini denunciati nel 2014 all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza) è di 45.541 reati, dato inferiore al totale del 2013 ed analogo ai livelli del 2004. Il numero degli omicidi (n. 2) è addirittura il più basso di sempre, mentre rimangono significativamente alti i casi di furti, con particolare riferimento ai furti in abitazione (n. 2.042) e negli esercizi commerciali (n. 2.427). Ciò nonostante, il “livello di insicurezza percepito” è tra i più alti degli ultimi anni e supera il 40%. Del resto, basta uscire per le strade ed ascoltare i cittadini per capirlo. La sensazione è confermata da alcune indagini fatte da Demos di Ilvo Diamanti (v. Rapporto Annuale 2014 dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza): “L’insicurezza è divenuta un elemento comune e quasi normale della nostra società. Della nostra vita quotidiana. Pervade i sentimenti della popolazione in misura crescente, da alcuni anni. Sotto diversi profili e da diverse prospettive. Ormai non si tratta più di un disagio localizzato e definito. A cui riusciamo a dare un nome. Una provenienza, una connotazione. È, invece, un male oscuro, perché contrassegna i diversi ambiti della nostra esistenza. Si insinua tra le pieghe della società e ne contamina zone fino a ieri immuni. Questa tendenza riflette, in parte, le tensioni che scuotono la realtà. E in parte si autoalimenta. Perché l’insicurezza evoca e, a sua volta, allarga l’insicurezza. Ne fa un segno del nostro tempo”. Le prime domande da porsi sono: – come mai il livello di insicurezza percepito aumenta mentre il numero dei reati commessi nella nostra città è stabile, se non in lieve diminuzione? – cosa si può fare per arginare il ‘male oscuro’ dell’insicurezza?

Per rispondere a queste domande bisogna inquadrare il fenomeno della sicurezza e coglierne alcune cause. All’origine dell’aumento della percezione di insicurezza c’è sicuramente la crisi economica e sociale degli ultimi 8 anni: la paura di perdere (o non trovare) il lavoro, di perdere la casa per il mutuo da pagare, di non poter acquistare i beni essenziali per sé e per i propri cari. Negli ultimi anni, l’insicurezza globale dovuta alla minaccia del terrorismo ed alla migrazione di massa ha modificato la nostra sensazione di paura, cominciando a farle prendere il volto dell’immigrato, dello straniero, del diverso. Più l’origine dei nostri problemi si allontana da noi e dal nostro controllo e più diventa necessario identificare la nostra paura, le nostre incertezze, la nostra insicurezza. Darle un nome ed un cognome. Non è un caso che siano soprattutto le persone anziane che vivono nelle periferie dei centri urbani, quelle più sole e più isolate, che vivono con più intensità la percezione di insicurezza. Per loro la semplice presenza di un vicino che conoscono, la vista della forza di polizia in strada, la conoscenza del rappresentante di quartiere può rappresentare un’àncora di sicurezza.

Da queste brevi premesse discende che il livello di insicurezza percepito si può combattere in tre direzioni. 1) Aumentare la presenza, il numero e la dotazione delle forze dell’ordine e rafforzare la collaborazione e la cooperazione tra il Comune, le forze di polizia e l’autorità giudiziaria. In questo senso, le nuove tecnologie e l’incrocio dei dati a disposizione diventano fondamentali risorse per misure di intelligence di fronte a minacce già note o identificate; 2) Rompere le solitudini e gli isolamenti delle persone più fragili e vulnerabili, incrementando i livelli di collaborazione degli organismi di prossimità con i cittadini (comitati, associazioni, etc.) e gli enti istituzionali, come opportunamente ha fatto il comune di Bologna con il regolamento per la rigenerazione dei beni comuni; 3) C’è un terzo fattore che forse è il più importante di tutti e sul quale si può e si deve lavorare maggiormente. Ricostruire il senso civico, utilizzandolo come mattone per edificare il senso della nostra comunità. Tornare ad insegnare il senso civico nelle scuole e nelle strade è un grande investimento nel capitale umano della nostra futura comunità. Perchè non è solo l’insicurezza che si alimenta e genera insicurezza. Anche la fiducia ha lo stesso effetto espansivo e virale. Genera fiducia, speranza, sicurezza. In sé stessi e negli altri.

Proposta: BOLOGNA CITTA’ (SI)CURA

Tutela dei lavoratori notturni: sistema VERD per taxi ed autobus

L’ultima notizia di cronaca che riporta l’aggressione ad un tassista che svolgeva il suo turno notturno deve destare preoccupazione. E’ il terzo episodio in pochi giorni e segnala un’escalation di violenza che bisogna fermare subito per garantire la sicurezza dei tassisti e la regolarità del servizio notturno di trasporto per i cittadini. Serve una risposta immediata per impedire che il carattere reiterato delle aggressioni ai tassisti possa creare un pericoloso effetto emulativo. Ignorare il problema di sicurezza per chi lavora di notte nelle realtà urbane è il primo modo per non risolverlo.
Strumentalizzare gli episodi di cronaca per rappresentare Bologna, o alcuni suoi quartieri, come se fossimo a ‘Sin City’ non solo non risolve il problema, ma rischia di aumentare proprio l’effetto emulativo.
Parliamo di cose concrete senza retorica.
Per prima cosa bisognerebbe riconoscere la funzione pubblica del servizio di taxi (anche quando è gestito da imprese private o società cooperative) e consentirgli di svolgere in sicurezza il proprio lavoro. Poi, per rendersi conto della reale situazione di (in)sicurezza di chi lavora di notte credo che non farebbe male a politici ed amministratori locali accompagnare qualche volta i tassisti (o gli autisti di autobus notturni) durante lo svolgimento del loro turno di notte. Non solo in campagna elettorale..
Infine, è opportuno firmare un protocollo di intesa tra amministrazione locale, prefettura e società di gestione del servizio di taxi per introdurre un sistema per garantire la sicurezza nei taxi attraverso l’ausilio di strumenti tecnologicamente avanzati. Non parliamo delle solite telecamere di video-sorveglianza. Stiamo parlando di un sistema di VEDR (Video Event Data Record) già sperimentato in altre città italiane ed europee per garantire, da un lato, la sicurezza dei tassisti in caso di aggressione, violenza o rapina, e, dall’altro, la sicurezza stradale dei cittadini attraverso la possibilità di ricostruire le dinamiche in caso di incidenti, nel pieno rispetto della normativa sulla privacy.

Lavoro nelle carceri come passaporto della libertà dei detenuti

Il problema della sicurezza non verrà mai risolto in maniera definitiva se non teniamo a mente il principio della funzione rieducativa della pena e adottiamo gli strumenti adatti per far sì che non rimanga lettera morta. Tutti sappiamo che la realtà nella quale versano i detenuti in Italia è quella di una violazione strutturale dei diritti umani, come dimostrano le tante sentenze di condanna della CEDU nei confronti dell’Italia. A Bologna la situazione è molto preoccupante, anche se meno esplosiva di qualche anno fa. Difatti, il carcere della Dozza, strutturato per circa 400 persone, attualmente ne ospita quasi 800 (dati del Ministero della Giustizia aggiornati al 29.02.2016).

Le soluzioni che vengono solitamente prospettate, in modo piuttosto semplicistico, vanno dall’indulto alla costruzione di nuovi istituti penitenziari.

Sul piano generale, bisognerebbe spingere al livello nazionale per ripensare al sistema carcerario italiano tenendo in debita considerazione, per esempio, la percentuale altissima di detenuti in attesa di giudizio ed operando una revisione della legislazione penale che finisce per riempire le carceri con le fasce sociali più deboli e svantaggiate (tossicodipendenti e immigrati). Su 60.000, circa 15.000 detenuti potrebbero usufruire dei domiciliari o di misure alternative alla pena detentiva. Bisognerebbe quindi intervenire su diversi fronti: ad esempio cambiare legge Fini-Giovanardi sulle droghe e la legge Bossi-Fini che ha introdotto il reato di clandestinità, e poi cambiare meccanismo “sliding doors” e la legge ex Cirielli sulla recidiva. Sul piano più strettamente amministrativo e locale, bisogna intervenire in maniera urgente sulle misure rivolte al reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. E’ ormai stato ampiamente dimostrato come il lavoro con i detenuti consente l’abbattimento della recidiva nell’ordine del 70%. Il lavoro è il vero passaporto per la libertà dei detenuti.

E’ necessario ripartire proprio da qui, dalla vita delle persone, da progetti e soluzioni articolati per implementare la formazione professionale ed il lavoro nelle carceri.

A Bologna sono in corso già da tempo due esperimenti pilota, frutto della collaborazione tra l’Amministrazione penitenziaria e alcune imprese del territorio.

La prima riguarda tre aziende bolognesi leader nel settore del packaging: Marchesini Group, IMA e GD, che hanno aperto una vera e propria officina all’interno del carcere. Qui ogni giorno si producono componenti meccaniche ad alta tecnologia. Sono 13 i detenuti assunti, inquadrati a tempo indeterminato con il contratto nazionale dei metalmeccanici. L’esperienza “Fare Impresa in Dozza”, inoltre, è stata protagonista del film “Meno male è Lunedì” di Filippo Vendemmiati, interamente realizzato all’interno del carcere.

La seconda è frutto dell’impegno del laboratorio sartoriale Gomito a Gomito, nato dall’idea delle volontarie della cooperativa sociale “Siamo qua”, che permette ad alcune detenute di realizzare prodotti di sartoria il cui ricavato sarà destinato alle stesse. Da tale progetto è nato l’accordo che l’Amministrazione penitenziaria ha siglato con IKEA, che vede 5 detenute lavorare in pianta stabile per IKEA e i prodotti realizzati sono attualmente in vendita presso IKEA di Casalecchio.

  • università alla dozza
  • carcere minorile
  • inserimento detenuti appalti Comune
  • % a Bologna
  • detenute madri
  • piano sicurezza Bologna P.

E’ proprio da questi esempi che è opportuno partire per ripensare il rapporto carcere/città.

Formazione alla legalità: corsi di educazione alla legalità nelle biblioteche (v. supra)

Cultura

CULTURA E CONOSCENZA

La cultura è un bene comune e primario, come l’acqua: i teatri, le biblioteche, i musei, i cinema sono come tanti acquedotti (Claudio Abbado)


VISIONE
: La cultura è un bene comune, come l’acqua. E come l’acqua deve esserne garantito l’accesso a tutti. L’acqua, per arrivare a casa di ciascuno di noi, si serve di acquedotti e di una ramificata rete di distribuzione. La cultura invece dispone dei teatri, delle biblioteche, dei musei e dei cinema. Gli spazi culturali non devono essere concepiti come isole, ma devono essere vissuti come parte integrante del tessuto urbano, luoghi di fruizione non solo rivolti ai turisti, ma a tutti coloro che ogni giorno vivono e attraversano la città. Allo stesso modo, le politiche culturali non devono essere settoriali e finalizzate alla produzione di beni e servizi culturali, ma devono essere trasversali ed integrate alle altre politiche pubbliche per la rendere Bologna una Città dal sapere diffuso.
La cultura è sempre stata un tratto caratterizzante e distintivo della storia di Bologna; fin dal Medioevo, la nostra città è nota nel mondo come “la dotta”; nel 2000 è stata capitale Europea della cultura; nel 2006 ha ricevuto dall’Unesco il titolo di Città creativa della musica. Solo per fare alcuni esempi del recente passato. I punti centrali delle politiche culturali della città che hanno visto interagire il Comune con altre realtà presenti sul territorio (Università, Fondazioni, associazioni culturali…) meritano una riflessione in termini di consolidamento, ampliamento o nuove strategie anche alla luce dei mutati modelli tecnologici.

Proposta: BOLOGNA LA NUOVA DOTTA
– NUOVO SISTEMA INTERBIBLIOTECARIO METROPOLITANO

La rete bibliotecaria cittadina può rappresentare un prezioso tessuto culturale, un organismo vivente, dinamico ed in continua evoluzione rispetto al contesto in cui si colloca ed ai bisogni che esprimono i cittadini. Luoghi di produzione e fruizione di un sapere diffuso (v. infra punto 4.)
– RETE MUSEALE METROPOLITANA

Bologna si caratterizza per un’alta densità di musei e spazi espositivi. L’Istituzione Bologna Musei, nata nel 2013, è stata sicuramente il punto di partenza per la costruzione di un museo diffuso. Incentivare l’osmosi di visitatori ed una ancor più forte integrazione tra le specifiche realtà museali deve essere inserito fra gli obiettivi del prossimo mandato, avviando al contempo una riflessione sui rischi e sui limiti di un’eccessiva frammentazione dei musei. Il progetto CARD MUSEI Metropolitani è stata una recente conquista dell’amministrazione Merola ed ha colmato una lacuna per integrare l’offerta museale nell’area metropolitana. Si tratta ora di implementare questo strumento per portare il museo nella città e per far sì che i titolari della carta possano essere costantemente informati sull’offerta museale.

Se deve essere rafforzata l’integrazione interna fra i musei, a maggior ragione i musei devono essere sempre più innervati nel tessuto vivo della città, luoghi aperti, attenti ai bisogni – anche aggregativi – della popolazione giovane, in collaborazione permanente con le altre realtà culturali. L’esperienza di Art City è l’esempio più lampante di tali necessità e dell’orizzonte verso il quale deve tendere l’offerta artistica bolognese.

I dati in sensibile crescita del 2015 del numero di visitatori (+25% rispetto al precedente) indicano che la strada è quella giusta e che l’allestimento di mostre temporanee attrattive ha un indubbio effetto traino sull’accesso alle collezioni permanenti.

Nonostante la contrazione delle risorse, l’attività di ricerca e di produzione espositiva, con particolare riferimento al contemporaneo non può essere abbandonata. Senza cadere in una facile retorica, in molti casi il coraggio delle idee può sopperire alla minor disponibilità di risorse economiche.

– SISTEMA TEATRALE (DEL) CONTEMPORANEO

Con l’ingresso dell’Arena del Sole in ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione – è stata evitata la chiusura del Teatro e sono stati salvaguardati molti posti di lavoro. Tuttavia, il rischio è che si perda la peculiarità bolognese della produzione teatrale.

Questa giunta ha, dopo quasi un ventennio di sostanziale latitanza, riaffermato la centralità delle politiche culturali per la qualità e lo sviluppo della città. Non per questo va tutto bene. L’attenzione che il Sindaco ha dimostrato per le politiche culturali è condizione necessaria ma non sufficiente. Alla base di un accorto sviluppo di una strategia sulle politiche culturali è necessario da un lato aver chiari i principi di riferimento e gli obbiettivi che si vogliono raggiungere, dall’altro saper leggere, senza pregiudiziali di nessun tipo, i risultati che si ottengono, ed in base a questi avere l’umiltà e la capacità di correggere scelte ed indirizzi. E’ necessario rimettere al centro il pubblico (i cittadini) inteso non come massa indistinta di potenziali acquirenti di biglietti di ingresso (per teatro musei mostre o quant’altro), ma come un insieme articolato e complesso di portatori di interessi, a volte anche contrastanti tra loro. Il primo rischio da evitare è l’auto-referenzialità, ovvero un modo di relazionarsi alla città incentrato sulla produzione di attività capaci solo di rappresentare sé stesse, che porta ad assolversi da insuccessi ed errori incolpando il pubblico che non capisce, o che è stato finora male educato, creando così una spirale viziosa che ha come risultato la disaffezione del pubblico. Occorre affermare il carattere inclusivo dei teatri, non rinchiudendosi in presunte specializzazioni di genere (qui la ricerca, lì il commerciale) che di fatto ghettizzano il pubblico, riproponendo la distinzione (di fatto già superata dagli anni’80 con l’affermazione di consumi culturali di massa) tra cultura alta e cultura popolare e della loro rigida imputazione alla sfera del pubblico la prima e a quella commerciale la seconda. Per assolvere alla funzione pubblica che i teatri devono avere occorre invece intercettare il maggior numero di interessi, cioè di pubblico, quindi di cittadini, tenendo come ineludibile filtro la qualità (altro termine questo che necessiterebbe di una definizione puntuale ed intellettualmente onesta). Come modello gestionale, un reale rapporto pubblico-privato può garantire una dinamicità in grado di cogliere gli stimoli ed eventualmente correggere la rotta, dove come e quando necessario, all’interno delle compatibilità economiche, per affermare il giusto e corretto primato della politica che ha il dovere di elaborare le strategie ed indicare gli obbiettivi senza cadere nella tagliola (o cedere alle lusinghe) della gestione diretta.

Altro tema che deve essere affrontato ribaltando il punto di vista è quello del rapporto tra cultura e turismo, cioè non la cultura che porta ad un aumento del turismo ma, al contrario, l’aumento del turismo che contribuisce allo sviluppo dell’offerta culturale.

Occorre continuare ad investire in questa direzione artistica, rafforzando l’investimento per avvicinare al teatro contemporaneo un pubblico sempre più largo, in una logica di “cartellone” complementare a quello dei teatri privati.

Si tratta di ridisegnare il sistema teatrale di Bologna, con lo sguardo rivolto anche a una dimensione regionale, alla costituzione di un polo produttivo dello spettacolo in cui ottimizzare le esperienze diffuse. Lo spettacolo dal vivo dell’area metropolitana dovrà avere nella Fondazione un punto di riferimento e quest’ultima dovrà sapere valorizzare il lavoro di tutti i soggetti che compongono il sistema teatrale cittadino.
– LA CITTA’ DEL CINEMA

Il festival del “Cinema Ritrovato” rappresenta una delle più suggestive cartoline della nostra città nel mondo, con Piazza Maggiore invasa da cittadini che ammirano la bellezza dei capolavori cinematografici restaurati. La Fondazione Cineteca ha conquistato in questi ultimi anni l’attenzione del mondo grazie alla qualità del suo lavoro sulla conservazione, sul restauro e sulla valorizzazione del patrimonio cinematografico. Si tratta ora di “capitalizzare” questo investimento, facendo di Bologna una città per il Cinema.

La prossima riapertura del Cinema Modernissimo, consentirà di celebrare in questo luogo la storia del cinema, da un lato, valorizzando l’innovazione tecnologica ed il capitale umano dei professionisti che operano nei laboratori di restauro e, dall’altro, connettendolo alla Sala Borsa ed al sottopasso per realizzare un vero e proprio distretto culturale nel cuore della città.

Ma la Città di Bologna può fare ancora di più nel prossimo mandato: in conformità con gli orientamenti di politica nazionale che mirano ad introdurre incentivi per l’intera filiera della produzione cinematografica, ed in cooperazione con il Film Fund previsto dalla Regione Emilia-Romagna si potrebbe pensare ad una serie di misure di supporto logistico-organizzativo alle produzioni che scelgono di girare film sul territorio cittadino per raccontare le bellezze del territorio bolognese in Italia ed all’estero.

Mobilità

MOBILITA’ E TRASPORTI

La storica firma del Passante Metropolitano di Bologna avvenuta il 15 Aprile con il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il governo della Regione e l’amministrazione comunale segna un punto di svolta fondamentale per lo sviluppo delle infrastrutture dell’area metropolitana.

Dopo tanti anni di parole e progetti è arrivato il momento di sbloccare i cantieri e sciogliere i nodi. Non parliamo solo del “Nodo Bologna” con l’ampliamento in sede della Tangenziale e del tratto urbano dell’A14. Parliamo dei nodi dell’area metropolitana, come la trasversale di Pianura, la Complanare Nord, il nodo di Casalecchio e il nodo di Rastignano. Opere di adduzione al sistema autostradale che miglioreranno le infrastrutture di tutto il nostro territorio. Ma non stiamo parlando solo dell’area metropolitana di Bologna: il capoluogo emiliano è prima di tutto il centro principale di snodo dell’intero paese. Lo sviluppo delle infrastrutture è fondamentale per incrementare la competitività territoriale: in quest’ottica è necessario prevedere al più presto un collegamento veloce in sede protetta fra Stazione Centrale – Fiera e Fico.

Il sistema dei trasporti deve però essere prima di tutto sostenibile. In una città in cui la gran parte dei cittadini svolge non più di 10 km al giorno è necessario rafforzare da un lato il Sistema Ferroviario Metropolitano, nel solco della “Cura del Ferro” portata avanti dalla Regione e dalla Città Metropolitana e, dall’altro, incentivare la ciclo-pedonalità, in particolare all’interno delle mura, con zone a 30 km/h. E’ però fondamentale evitare che si inasprisca ulteriormente il rapporto fra i vari utenti della strada, creando un sistema dei trasporti cittadino che faccia convivere insieme gli autisti, i ciclisti e i pedoni.

Il tema non è chiudere il centro alle auto, ma aprire la città ai cittadini (vedi accessibilità).
L’amministrazione di Virginio Merola ha compiuto un importante lavoro nella viabilità del centro storico: i T-days sono stati certamente uno dei successi più rivoluzionari di questo mandato.

Ora è fondamentale rafforzare il sistema radiale nelle vie limitrofe alla T, ipotizzando la creazione di parcheggi scambiatori e navette elettriche che accompagnino le categorie più deboli della società nelle vie principali del commercio del centro.

A questo riguardo è anche fondamentale rinsaldare un rapporto fra amministrazione e aziende di taxi, in questi anni troppe volte conflittuale, valutando il rafforzamento dei posteggi attigui a Piazza Maggiore, necessari per rendere il servizio efficiente e per non creare disguidi alla viabilità in particolare dell’ultimo tratto di Via Indipendenza e di via Ugo Bassi.

Le infrastrutture possono essere materiali e immateriali. Riguardo quest’ultime si tratta di portare la banda ultra-larga in tutto il territorio dell’area metropolitana, in particolare con le zone di montagna a più alta fragilità, per potenziare le infrastrutture immateriali e rimuovere le barriere del digital divide. L’accesso a internet non può essere un privilegio, è a tutti gli effetti un diritto fondamentale per tutti i cittadini.

  • Smart parking

Come già sperimentato in alcune capitali europee, come Barcellona, possono essere attivati sistemi di smark-parking con delle App dedicate che consentono all’utente di registrarsi sul sito di Iperbole per accedere al centro cittadino ed essere portati, attraverso un sistemi di navigazione via smartphone al parcheggio disponibile più vicino. Sono sistemi di comunicazione innovativi (Internet Of Things) che consentono di far dialogare operatori diversi, come i gestori di parcheggio pubblici e privati, l’amministrazione comunale e gli utenti finali. In tal modo, si supero il vetusto strumento dei ‘gratta e sosta’ per il pass in zona ZTL che sottraggano ogni giorno risorse umane importanti per i gestori di parcheggio che sono costretti ad assistere i clienti per l’annullamento delle multe dovuti alla mancata o errata trascrizione della targa delle automobili. Si tratta di misure semplici e costo-zero, considerando che le risorse per sviluppare il sistema di smart parking possono essere reperite dai fondi europei e dai programmi di Climate Kick, considerando la riduzione del consumo di Co2 ed il miglioramento della salubrità dell’aria che deriva dal fatto che il cliente finale può trovare subito il parcheggio più vicino, senza dover girare inutilmente a vuoto.

Innovazione

INNOVAZIONE

“L’innovazione non è per pochi, ma deve riguardare tutti. E’ un processo di trasformazione culturale che riguarda il pubblico, quanto il privato. Non è necessariamente legata allo sviluppo di nuove tecnologie. L’innovazione è un’attitudine mentale per aprire spazi nuovi, dove prima non esistevano. L’innovazione non è una formula per creare la start-up di successo, ma è un modo per capire come si può migliorare dai propri fallimenti e creare un nuovo prodotto o un nuovo servizio, ovvero creare una nuova utilità collegando in modo originale cose già esistenti”. 

Bologna e il suo territorio metropolitano sono da sempre sinonimo, sia a livello nazionale, che internazionale, di imprenditorialità, di capacità di innovazione, di laboriosità, di modelli inediti ed efficaci di collaborazione tra imprese e sociale.
La crisi economica, che dal 2008 sta ridisegnando la struttura, i confini, gli attori protagonisti del sistema economico, mette alla prova il nostro modello, ma ci offre anche moltissime opportunità per ri-affermare il nostro ruolo guida nelle dinamiche e nei numeri del sistema economico nazionale ed internazionale.

C’è un’innovazione sociale diffusa nel nostro territorio che non riguarda solo i prodotti, ma i processi.

Ma l’innovazione che non incide solo sulle decisioni dei privati, ma anche i decisori pubblici chiamati a trasformarsi in policy-makers
Ci vuole il coraggio di pensare ad un nuovo modello di crescita fondato sull’innovazione per creare davvero un’economia della conoscenza e promuovere la competitività. Non conta solo la quantità di risorse pubbliche nella ricerca e nell’innovazione. Negli anni ’70 il Giappone spendeva il 2,5% del PIL in R&S, mentre l’Unione Sovietica spendeva oltre il 4%. Ma quest’ultima investiva tutto nello spazio e nelle spese militari, laddove il Giappone lo investiva nei settori tecnologicamente avanzati che gli hanno consentito un poderoso sviluppo economico negli anni successivi. E’ la qualità degli investimenti nell’innovazione e nella ricerca che fa la differenza.

Il compito degli amministratori pubblici è quello di disegnare un ecosistema dell’innovazione coinvolgendo le imprese, le scuole tecniche, i centri di ricerca, le fondazioni private e l’università per tornare ad investire nella più grande ricchezza e nel vero valore aggiunto del nostro territorio: il capitale umano.

PROPOSTE.

HUB EUROPEO DELL’INNOVAZIONE SOCIALE. In questi anni il Comune di Bologna ha avviato un importante percorso di formazione sulle scuole tecniche secondarie: basti pensare a quanto è stato realizzato dalll’amministrazione Merola con le Aldini Valeriani e con l’Itis Belluzzi sul tema delle start-up e dell’imprenditorialità. Ora si tratta di proseguire nel percorso con un altro tassello fondamentale del puzzle della formazione e dell’innovazioneavviando un dialogo strutturato con l’università, i centri di ricerca, le imprese e le fondazioni. Si tratta di governare in modo strategico gli investimenti nella formazione per generare spin-off che, partendo dalla ricerca diventino strumenti di creazione di valore e lavoro per attrarre talenti altamente qualificati da tutta l’Europa e favorire l’internazionalizzazione delle attività d’impresa presenti nel nostro territorio. Vi sono settori strategici individuati dal programma di Horizon 2020, come la green economy, la manifattura 4.0, il biomedicale, i Big Data, la filiera agroalimentare in cui esiste un potenziale di crescita enorme per lo sviluppo economico e sociale della Città metropolitana di Bologna. L’innovazione non riguarda solo il privato, ma è un processo di trasformazione che deve riguardare anche il pubblico, il suo modo di pensare ed il suo modo di agire.

Cittadinanza

WELFARE GENERATIVO 

“Guardare avanti senza lasciare indietro nessuno”

Bologna ha un welfare solido che ha attraversato difficili anni di crisi economica e tagli alla spesa, difendendo e mantenendo un livello adeguato di tutele, soprattutto per i soggetti più deboli. Ora è il tempo di un nuova programmazione delle politiche di welfare che devono passare da un’idea di welfare assistenziale, chiamato a dare risposte ai bisogni ed alle speranze dei cittadini, ad un welfare generativo capace di generare valore, rendendo protagonista il terzo settore, la famiglia ed i privati, in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, per individuare nuovi percorsi di autonomia ed accompagnamento ai cittadini in stato di bisogno.

Il valore della solidarietà è una chiave identitaria della nostra città capace nel corso della sua storia di guardare avanti, senza lasciare indietro nessuno.

Ma il livello di benessere che si identifica con la nostra città non può essere considerato un traguardo da difendere, perché sono ancora in aumento le situazioni di fragilità sociale e di difficoltà economica, come dimostra l’incremento degli sfratti per morosità e la perdita dei posti di lavoro.

WELCOME REFUGEES 

Bologna è una città accogliente e multiculturale: la chiusura dell’ex Cie è stata una conquista di civiltà giuridica di questa amministrazione comunale che troppo spesso rischia di essere dimenticata.

Tuttavia è necessario investire risorse per passare dall’accoglienza transitoria nei grandi centri ad un’idea di accoglienza diffusa capace di coinvolgere le associazioni, di valorizzare l’esperienza delle Caritas e di promuovere i privati e le famiglie con esperienze innovative come quella di Welcome Refugees, giù presente in altri Paesi europei. Ci sono percorsi di integrazione delle persone immigrate che devono essere portati avanti: la costituzione di uno sportello unico per l’immigrazione presso la Prefettura, il potenziamento delle misure anti-discriminazione, la stabilizzazione degli interventi di mediazione culturale e con la Consulta degli stranieri come infine organismo di partecipazione e rappresentanza dei nuovi cittadini.

NUOVO PIANO CASA 

Il confronto con i dati delle occupazioni illegali a Bologna con le altre realità urbane in Italia dimostra come non esista un’emergenza case nella nostra città. Il fenomeno delle occupazioni abusive va contrastato ed arginato per ripristinare il principio della legalità e la tutela della diritto alla proprietà privata. Tuttavia, tale fenomeno non va sottovalutato e bisogno affrontarlo non sul piano della repressione ma su quello della prevenzione perché esprime un reale disagio abitativo. Non bisogna partire dalla risoluzione del problema a valle. Bisogna cercare di affrontare il problema a monte.

Il diritto alla casa è un diritto fondamentale riconosciuto dalle Convenzioni internazionali e dall’art. 34 della Carta dei diritti UE volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risole sufficienti.

Per affrontare realmente il fenomeno del disagio abitativo e le fragilità sociale che da esso ne deriva è fondamentale, da un lato, mettere a disposizione di chi ne ha bisogno il patrimonio immobiliare dismesso e non utilizzato e, dall’altro, favorire investimenti nella rigenerazione del patrimonio immobiliare attraverso nuovi interventi di edilizia residenziale pubblica e sociale.

CITTADINANZA DELLA FAMIGLIA 

Si propone la creazione di un organismo istituzionale all’interno dell’Amministrazione Comunale (come ad esempio un Assessorato alla famiglia o una Agenzia della famiglia) che coordini e promuova le politiche familiari dell’intera Amministrazione e vigili perché la famiglia sia promossa in ogni azione amministrativa. È inoltre importante che si favorisca la costituzione di una qualificata rappresentanza della famiglia, sotto forma ad esempio di una Consulta della famiglia che raccolga a scopo consultivo e propositivo le associazioni familiari presenti sul territorio.

E’ opportuno adottare correttivi all’addizionale IRPEF comunale tramite un meccanismo di compensazione che tenga conto del numero dei componenti del nucleo famigliare. Inoltre, i carichi familiari devono essere tenuti in considerazione per l’accesso ai servizi comunali e gli interventi di edilizia residenziale pubblica e sociale prevedendo una fast-track per le famiglie numerose con minori e per le famiglie di giovani.

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Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare la legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito

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Le illustrazioni di Davide Bonazzi