Le iniquità del Part-Time Ciclico-Verticale
Quando mi chiamano l’Assessore dei rider, non mi offendo. Sono felice che il mio impegno politico sia associato alla difesa dei lavoratori invisibili.
A volte, però vorrei che si riuscisse a cogliere come i rider sono solo la punta dell’iceberg di un sistema più complesso e profondo di iniquità.
Non parlo solo dei lavoratori della gig economy.
Parlo delle tante diseguaglianze nel mercato del lavoro: per esempio, parlo dei part-time-ciclico-verticali.
Questa mattina abbiamo affrontato in commissione consiliare, il caso delle lavoratrici della ristorazione CAMST.
Sono 45 lavoratrici che ho incontrato già in diverse occasioni insieme all’azienda ed ai sindacati: nella loro stessa situazione si trova oltre un milione di lavoratori e lavoratrici in Italia.
Qual è il problema? I contratti part-time-ciclico-verticali non si basano su un monte orario giornaliero, ma annuale. Quando c’è un picco di attività questa tipologia contrattuale può essere utile; quando invece c’è un blocco delle attività, questo tipo di contratti è molto pericoloso.
Genera problemi sia sul lato previdenziale (l’anzianità contributiva viene riconosciuta solo per i periodi effettivi di lavoro), sia sul lato di tutela del reddito (prendono poco più di 100€ al mese!).
Come si può vivere con qualche migliaio di euro all’anno di reddito, a fronte di una chiusura delle attività?
Dal punto di vista emergenziale, la Regione ER può utilizzare le risorse del Fondo sociale europeo, come fatto da altre regioni come Liguria e Lazio, per istituire un fondo di solidarietà per sostenere il reddito delle lavoratrici dei part-time ciclico verticali legati alla filiera dell’internazionalizzazione, tra cui le attività di ristorazione legate alla Fiera, ma questo riguarda anche altre figure, tra cui gli allestitori (che presto riprenderò più in dettaglio in un prossimo post).
Dal punto di vista strutturale, ci sono almeno 3 azioni rapide da mettere in campo dal Governo:
1) intervenire al più presto al livello normativo per una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, che tenga conto anche di questa tipologia di contratti;
2) eliminare l’incompatibilità tra queste tipologie di lavoro e la richiesta di utilizzare il Reddito di emergenza (REM)
3) colmare la lacuna normativa sul lato previdenziale, seguendo le indicazioni delle disposizioni antidiscriminatorie previste dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte per non lasciare indietro nessuno.
11 Novembre 2020