La Carta di Bologna ed i riders. Cos’è cambiato un mese dopo la firma?
Il 30 Maggio 2018 come sapete abbiamo firmato la Carta di Bologna, il primo accordo europeo sulla gig economy nel settore del delivery food. ( leggi e condividi il testo integrale della Carta)
Dalla sua nascita ad oggi, la Carta di Bologna ha già raggiunto il suo primo obiettivo:
squarciare il velo di ignoranza sulle condizioni di lavoro dei riders e promuovere una riflessione sulla cultura del lavoro digitale in Italia.
Sono tantissimi i riscontri sui media nazionali
(fonte: Venerdi di Repubblica, articolo di Riccardo Staglianò)
che hanno affrontato il tema dei riders, ricordando l’azione pionieristica svolta a Bologna.
Fa piacere sapere che al Festival dell’Economia di Trento si sia parlato anche della Carta, dei riders e degli altri lavoratori digitali. Fa piacere sapere che colossi come Foodora, Just Eat e Deliveroo abbiano confermato l’apprezzamento per la nostra iniziativa della Carta di Bologna, pur giustificando la mancata sottoscrizione a causa del carattere locale dell’iniziativa. Apprezziamo lo sforzo che le piattaforme stanno facendo nell’approvare iniziative similari come la “Carta dei valori”, ma ricordiamo che tra la fotocopia e l’originale, è sempre meglio scegliere l’originale
Infine, fa piacere sapere che il nuovo Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, abbia incontrato Riders Union di Bologna per avere informazioni sulle loro condizioni di lavoro e stia negoziando proposta legislativa di carattere nazionale. Come ho ribadito, in diretta nella trasmissione Tagadà andata in onda su La7
la Carta di Bologna non può che essere copyleft, a patto che oltre alle disposizioni si copi anche il metodo che ha visto nella concertazione e nel dialogo sociale tra piattaforme, lavoratori e organizzazioni sindacali, un punto fondamentale per raggiungere l’accordo.
Se non avessimo firmato la Carta di Bologna, tutte queste cose molto probabilmente non sarebbero mai successe.
E’ una verità storica che cercheremo sempre di rivendicare con orgoglio perché abbiamo dimostrato che un Comune può aprire spazi di contrattazione metropolitana nella Gig economy. Ma non possiamo accontentarci. Abbiamo sempre detto che la Carta è solo un primo passo.
Ora si tratta di estenderla a tutte le piattaforme digitali, facendo leva sul consumo responsabile.
Estenderla alle altre Città proponendo standard uniformi di tutela dei riders in tutta l’Italia.
Estenderla ad altri settori del lavoro digitale, oltre al delivery-food, perché i lavoratori della Gig economy senza diritti e senza tutele purtroppo non sono solo i riders, ma sono molti, molti di più.
Noi stiamo cercando di mettercela tutta, ma ora tocca a voi. A ciascuno di voi il compito di portare avanti questa battaglia di civiltà in tre semplici azioni: condividete il testo della Carta, chiedete alle vostre Città di adottarla, informatevi ed informate i pubblici esercizi ed i consumatori finali.
Pedaliamo tutti insieme sulla strada dei diritti!
#CartadiBologna #GigEconomy#Riders
ps chi dice che la Carta di Bologna è solo un esercizio di stile evidentemente non sa di cosa parla. Attualmente è in corso la rinegoziazione dei contratti di tutti i riders che operano a Bologna per le piattaforme che hanno sottoscritto la Carta. Inoltre, grazie anche all’intervento del Comune di Bologna, ai sensi degli articoli 12 e 7 della Carta, è stata possibile in meno di 24 ore la riattivazione del riders che era stato disattivato da parte di Glovo. Al momento la Carta di Bologna rimane l’unica misura concreta per i riders e le piattaforme, al di là delle chiacchiere, delle ipotesi avveniristiche e delle promesse. Anche alla luce di queste ultime vicende, auspico che Glovo e le altre piattaforme digitali che non hanno ancora firmato, vogliano riconsiderare la loro posizione rispetto alla firma della Carta.
8 Luglio 2018