Diario di bordo. La mia Italia Giusta
In un silenzio elettorale surreale, come la neve che cade, aspettiamo che si aprano le urne. Non prima di aver fatto le ultime telefonate per convincere gli amici indecisi, gli ultimi messaggi ai parenti sparsi dalla Lombardia alla Sicilia, gli ultimi tweet e post su facebook e poi.. tutti col fiato sospeso. E’ stata una campagna elettorale strana. La più brutta della storia, dicono gli esperti. Prima della prossima, mi viene da aggiungere. Già, perchè è inutile negarlo: sarà sempre più difficile cercare di fare politica finchè i pozzi della democrazia saranno avvelenati. Passeranno ancora molti anni prima che la politica italiana si normalizzi. Colpa della classe politica che ci ha preceduto. Vero. Colpa dei media che oscurano le buone notizie in cerca di polemiche, a volte pretestuose, altre volte, riempitive di un certo vuoto di idee. Altrettanto vero. Colpa di elettori trasformati da sudditi in arroganti padroni della verità. Spesso mi chiedo se, provando a confrontarci con loro, trattandoli da cittadini adulti e maturi, non ne guadagneremmo tutti.. In realtà, secondo me, sono esistite diverse campagne elettorali. Una in tv (vinta da Berlusconi; almeno, fino alle dimissioni del Papa). Una sulla rete (vinta dal PD; se si guardando bene i dati sulla rete). Una nelle piazze (vinta da Grillo che, al dire il vero, se ha avuto il coraggio di giocarsela contro nessuno). Campagne compartimentate, nei recinti sicuri del consenso. Nessuno confronto, nessun dialogo a distanza tra le parti che non fosse alterco o insulto. Sintomo della fragilità di alcuni partiti, incapaci di affrancarsi dalla logica del nemico e di ‘affaticarsi’ alla ricerca del bene comune.
Noi almeno abbiamo cercato di fare una campagna in movimento, fatta tra la gente, spostando l’ufficio nel camperpd per andare davanti alle fabbriche, ai mercati, alle scuole e persino ai locali notturni. Con i nostri nuovi parlamentari, scelti con le primarie, intenti a presentare le proposte programmatiche per l’Italia Giusta. Ci abbiamo messo la faccia. E le idee. Abbiamo misurato la febbre della politica attraverso ‘l’insultometro’ per ascoltare la rabbia dei cittadini. Ma stando tra le persone, la febbre si può solo misurare. Per abbassarla servono un Governo stabile che sia in grado di fare le riforme per la crescita, il lavoro e l’equità sociale ed un Parlamento fatto di parlamentari credibili, competenti ed onesti che sappiano lavorare su proposte di leggi che guardino all’interesse generale e non agli interessi personali. Abbiamo cercato di rispondere agli insulti (spesso gratuiti) con la politica del sorriso. Abbiamo provato a trasformare le proteste (spesso giustificate) in proposte (vedi, per esempio, quelle emerse dai Ddeis http://www.pdbologna.org/contenuti/2013/02/18/ddeis-modello-di-partecipazione-per-iniziative-future/). Perchè le campagne elettorali dovrebbero essere qualcosa di più che una semplice ‘caccia al voto’. Devono servire a riallacciare un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori. Questo l’impegno più grande che dobbiamo prenderci anche dopo la campagna elettorale. Tornando negli stessi luoghi (fabbriche, scuole, mercati) anche dopo le elezioni.
L’accusa più ripetuta? ‘Siete tutti uguali’. Nel qualunquismo che annacqua e diluisce le responsabilità degli uni e degli altri. Come se Pietro Grasso potesse essere uguale a Scilipoti. Ovvero ad Ingroia. L’altra? ‘Largo ai giovani’. Come se essere un giovane sia diventato un merito a prescindere. Mi sono confrontato con alcuni giovani candidati di altri partiti e movimenti che entreranno in Parlamento. Sono sinceramente preoccupato che possano fare bene il loro lavoro parlamentare nelle Commissioni ed in Aula. Spero abbiano la voglia e l’umiltà di studiare tanto, altrimenti ripeteranno i vizi di coloro che vorrebbero sostituire. Troppo spesso tendiamo a dimenticarci che le persone passano (anche quelle che sembrano non voler passare mai..), ma le istituzioni restano. E confondere gli uni con gli altri è segno di una democrazia indebolita.
In conclusione, ho cercato di fare più che potevo. Qualcuno continua a ripetermi: ‘Ma chi te l’ha fatta fare?’. La risposta è sempre la stessa. Anche in questa occasione ho ricevuto più di quanto ho dato. Ci sarebbero tante storie, che hanno un nome ed un’emozione: Fausta, Maurizio, Enzo, Gianni, Raffaele, Martina, etc. etc. Una per tutti. Una sera, a San Giacomo del Martignone, a parlare di lavoro e green economy con imprenditori agricoli e contadini. Si alza uno di loro, Giuseppe Tomba. Vuole andare via; è stanco e non ha granchè voglia di ascoltare il dibattito. Vuole spiegare perchè si sente un elettore arrabbiato e disorientato. Legge un foglietto che si è portato in tasca. Parla della paura che i politici hanno della piazza e ricorda il coraggio che aveva Berlinguer nell’affrontare le folle. Ci racconta di quando sua madre gli insegnava che se non andava a votare gli veniva scritto nella fedina penale. Gli chiedo di fermarsi in sala e di ascoltare; annuisce ed a fine serata con un sorriso largo mi dice:’Sono contento. Neanche questa volta avrò la fedina penale sporca’. Una storia semplice, come molte altre, per ricordare ai più giovani che il voto non è solo un diritto. E’ un dovere. Una storia semplice da ricordare a tutti quelli che domenica e lunedì sceglieranno di stare a casa e non andranno a votare. Non lamentatevi poi se le cose vanno sempre allo stesso modo. Una storia semplice da ricordare a tutti quelli che domenica e lunedì andranno a votare. Una volta nel seggio, per una volta, non pensiamo a noi stessi. Pensiamo al nostro Paese ed al futuro dei nostri figli.
Continua a nevicare.. Ma da lunedì L’Italia Giusta potrebbe arrivare. Ora dipende solo da Noi
23 Febbraio 2013